Dall’agenzia
Dires leggiamo la notizia che la crisi ha svuotato negozi e supermercati e le
vendite al dettaglio sono crollate, facendo segnare nel 2012 il dato peggiore
da diciassette anni. Agli italiani insomma «non basta più tagliare il
superfluo: le minori disponibilità economiche hanno imposto una dura spending review anche sulla tavola, con
più della metà delle famiglie (il 53 per cento) che riduce di netto i volumi di
spesa alimentare». Lo afferma la Cia - Confederazione italiana agricoltori,
commentando i dati Istat. Neppure Natale è servito a risollevare i consumi, «con
le vendite di prodotti alimentari calate del 2,7 per cento a dicembre». D’altra
parte, «con l’austerity e l’aumento degli oneri fiscali, le famiglie hanno rivisto
la lista delle priorità e riscritto il modo di comprare: oggi il 28 per cento
compra quasi esclusivamente nelle cattedrali del low-cost e il 34 per cento opta per cibi di qualità inferiore perché
sono molto più economici». Inoltre, osserva la Cia, «nelle dispense si
moltiplicano cibi in scatola e surgelati e si ricorre sempre più spesso al junk food, a tutto discapito dei
prodotti freschi: nell’ultimo anno, ad esempio, ben il 41,4 per cento delle
famiglie ha ammesso di aver diminuito i consumi di frutta e verdura». Dati che
si rispecchiano nell’andamento delle tipologie commerciali: «nel 2012, infatti,
a crescere sono soltanto i discount (+1,6 per cento) ‒ osserva la Cia ‒ mentre
i supermercati “resistono” con un + 0,1 per cento e le piccole botteghe di
quartiere precipitano al ‒3 per cento”. Addirittura anche gli italiani che non
rinunciano ai prodotti biologici, ora li vanno a comprare negli esercizi più cheap: negli ultimi dodici mesi la spesa
“bio”nei discount ha avuto un incremento record pari al +25,5 per cento,
soppiantando di gran lunga quella al supermercato (+5,5 per cento)».