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lunedì 14 marzo 2016

Economia specchio delle virtù e dei vizi






L’economia è uno specchio delle virtù e dei vizi dei popoli, delle comunità, delle famiglie, delle persone. Per conoscere una persona veramente, occorre vederla mentre lavora, o mentre risparmia e consuma. Non conosciamo i nostri amici solo perché facciamo insieme feste e pranzi: non entriamo veramente negli altri se non li vediamo anche muoversi nella loro vita economica, che è uno dei luoghi primari degli esseri umani. Noi ci riveliamo a noi stessi e agli altri nell’amare, nel pregare, ma anche nel lavorare. Ecco perché quando un giovane resta fuori dal mondo del lavoro, non solo perde occasioni preziose per imparare un’attività (che si impara solo lavorando, non a scuola né all’università) e per guadagnarsi da vivere. Lo priviamo anche della possibilità di conoscere i suoi talenti, di scoprire chi è, di essere stimato e di stimare gli altri, di far emergere i suoi limiti e le virtù nascoste anche a lui stesso.
Non capiamo l’economia se non prendiamo sul serio tutti i vizi e tutte le virtù degli uomini, delle imprese, delle istituzioni, della nostra società....(continua)
Luigino Bruni
L'articolo completo sulla rivista Città Nuova di aprile 2016

mercoledì 28 novembre 2012

Riciclare i rifiuti per rilanciare l’economia



Un’altra via è possibile: in Europa il ricorso alle discariche e agli inceneritori è stato abbandonato da tempo. La gestione del riciclo si potrà attuare con nuove norme legislative


Dopo Napoli tocca a Roma. Non è affatto un circuito virtuoso perché la strada per smaltire i rifiuti porta dritta all’estero. È una delle conseguenze dell’investire in discariche e inceneritori, invece di cercare possibili vie alternative. Roma ricicla solo il 24 per cento dell’immondizia e da gennaio sarà costretta a esportare rifiuti. Delle quattro mila tonnellate giornaliere di rifiuti prodotti, mille e duecento tonnellate saranno spedite fuori dall’Italia: destinazione da stabilire. Impossibile, per ora, conoscere i costi dell’operazione, in ogni caso, si tratta di parecchi milioni di euro spesi in più piuttosto che smaltirli in casa propria. A Napoli, che manda i rifiuti in tre regioni italiane, costa 150 euro a tonnellata. Per non parlare delle ecomafie e delle 26 milioni di tonnellate di rifiuti che ogni anno sono esportate clandestinamente da tutta Italia verso i mercati orientali.
Eppure il riciclo anche a chilometro zero, dati alla mano, sarebbe la via maestra per smaltire i rifiuti e rilanciare l’economia. A questa conclusione giunge la ricerca presentata al convegno “Plastica e riciclo di materiali: un’altra via è possibile”, promosso da Eurispes e Federazione Green Economy, in collaborazione con il Consorzio PolieCo. Secondo la Commissione europea se i 27 paesi dell’Unione si adeguassero alle normative comunitarie su riutilizzo e riciclaggio si potrebbero risparmiare 72 miliardi di euro l’anno e creare 400 mila posti di lavoro entro il 2020. «I rifiuti sono una risorsa e non vanno visti come un fardello di cui liberarsi ‒ spiega il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara ‒. L’Italia, non attuando una corretta gestione del ciclo, esporta ricchezza. Invia in Cina masse di materiale da riciclo con costi enormi e poi riacquista dalla stessa Cina oggetti prodotti con quello stesso materiale senza alcuna garanzia di qualità. Il riciclo in casa nostra è la via maestra – prosegue Fara – per rilanciare l’economia, prevenire lo spreco di materiali, ridurre il consumo di materie prime e di energia». Al danno finanziario apportato all’intero sistema di raccolta e gestione dei rifiuti in plastica  ‒ spiega la ricerca Eurispes ‒ si aggiungono il danno economico, determinato dalla necessità per i produttori europei di attingere a materie prime vergini, anziché a materie prime seconde, e quello ambientale, originato dal depauperamento delle risorse naturali disponibili. Quello che sembra costituire un certo guadagno momentaneo per il produttore e raccoglitore, conseguito dalla vendita di rifiuti selezionati e, in alcuni casi, riciclati a commercianti e intermediati verso il mercato estero, determina a lungo andare un’implosione dell’industria europea del riciclo.
L’Italia, in Europa, è tra le ultime in classica sulla gestione dei rifiuti, 20esima su 27 Paesi e il problema di fondo è quello di considerare il rifiuto come una risorsa. Occorre, infatti, un cambiamento di mentalità e una rivoluzione culturale a favore dell’ambiente perché il riciclo è il migliore strumento di separazione e recupero dei materiali.
Sono numerosi gli esempi virtuosi e le buone pratiche. In Gran Bretagna sono riusciti a creare delle sinergie industriali riuscendo a far comprendere alle imprese che i loro rifiuti e i loro sottoprodotti possono servire da risorse e materie prime per altre aziende con il vantaggio che la prima risparmierà sullo smaltimento, la seconda sull’approvvigionamento. E anche senza quantificare le ricadute positive sull’ambiente, sul minor impiego di risorse e sui posti di lavoro i vantaggi sono notevoli. Il progetto, ideato da International Synergies, ha, in cinque anni, totalizzato cifre straordinarie: 35 milioni di tonnellate di rifiuti non conferite in discarica; 48 milioni di tonnellate di acqua, 30 milioni tonnellate di CO2 e 49 milioni di tonnellate di materie prime vergini risparmiate; 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi eliminate. Le aziende partecipanti (a oggi 14.000) hanno risparmiato oltre 1.100 miliardi di euro e registrato aumenti delle vendite pari a 1.200 miliardi di euro. Sono stati inoltre creati 22.000 posti di lavoro.
I rifiuti rientrano così nel ciclo produttivo per realizzare nuovi prodotti. È un’economia circolare che senza l’aiuto di norme legislative apposite per passare dalla gestione dei rifiuti alla gestione del riciclo risulta operazione molto complessa.