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venerdì 6 giugno 2014

Taccuino sobrio: a Parigi in bici



PARIGI: PAGATI PER ANDARE IN BICI
A Londra il car‒sharing è fallito. A Parigi provano con le biciclette. Se si lascia a casa l’automobile, il ministero dei trasporti francesi pagherà 25 centesimi al chilometro sul percorso casa-lavoro. Sono stati stanziati 110 milioni di euro e il saldo costi-benefici sarà sicuramente in attivo per la salute e per l’ambiente. Non è la sola misura presa ma un vero e piano globale in 25 punti che prevede la possibilità di svolta a destra per i ciclisti in caso di semaforo rosso come già in vigore in Olanda e Belgio. In Usa è possibile anche, in alcune città, per le automobili. Altri punti: la realizzazione di parcheggi sicuri per le bici, data la facilità con cui spariscono, la possibilità di procedere non solo a destra della carreggiata, le aziende che aderiranno al programma di rimborso al chilometro per i ciclisti potranno contare su un alleggerimento delle tasse da versare, ecc…

DOPO LA LAZIO, LA ROMA
Sfida stracittadina nel car sharing. Dopo le macchine in affitto biancocelesti, arrivano quelle giallorosse. Negli ultimi mesi si sono notate tante macchine Smart “laziali” del colosso tedesco Car2go con le scritte in romano “ma ‘ndovai”, cioè “dove vai”. Ora, per iniziativa di Eni, Trenitalia e Fiat parte il progetto Enjoy con seicento Fiat 500 gialle e rosse che sfideranno le concorrenti. Essendo a quattro posti, contro i due delle Smart, il segmento interessato è quello delle famiglie che potranno prendere e lasciare la macchina dove vogliono all’interno dell’area di servizio di Roma che è di circa 100 chilometri quadrati. Visto il successo del car sharing, si semplificano sempre di più le regole per poter affittare una macchina: le vetture possono essere prenotate tramite una App gratuita per smartphone. Non c’è bisogno di tessere ma basta registrarsi on line. Il costo del servizio è di 25 centesimi al chilometro per i primi 50 km. In modalità “sosta”, cioè quando si lascia la macchina in un parcheggio per poi riprenderla, il costo scende a 10 centesimi al minuto. 

PRIMO: NON SPRECARE
Ogni anno nella spazzatura, solo in Italia, finiscono 12,3 miliardi di euro. Sono un danno etico, economico, ambientale. È una mentalità diffusa che, per fortuna, in tempi di crisi, sta scemando. Ma il vero problema è la mentalità culturale sottesa, un senso di pigrizia che non accende la fantasia del sano riuso, l’obesità consumistica in cui siamo cresciuti. Secondo un sondaggio di Waste Watcher solo 4 italiani su dieci ne sono consapevoli. Il ministero dell’Ambiente ha sviluppato un piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare chiamato “Pinpas”. Prevede l’educazione alimentare nelle scuole come materia obbligatoria, regole più semplici per le donazioni di cibo invenduto, sconti delle tasse sui rifiuti per chi dona. In Italia circa 1 miliardo di cibo in alimenti viene recuperato grazie a iniziative come il Banco alimentare e Last minute market. In casa vale sempre la regola della nonna e un po’ di buon senso: cucinare quanto effettivamente serve, controllare le scadenze dei cibi, la frutta e le verdure prima che vadano a male, riusare il cibo con ricette fantasiose, e controllare il sito del Wwf. www.insiemecontroglisprechi.it

DICE IL CENSIS
Nel 47esimo Rapporto sulla situazione sociale del paese il Censis ci dice che si sta affinando il senso critico dei consumi e la sobrietà diventa una necessità per le famiglie che hanno subito una forte riduzione del debito. Il 48 per cento degli italiani ha mutato le proprie abitudini alimentari cercando di risparmiare. Il 63 per cento prepara un elenco della spesa dettagliato. Il 63,4 per cento scegli gli alimenti tenendo conto del prezzo più basso. Il 76 per cento cerca le promozioni rispetto al 43 per cento della media europea. Si mangia meno carne, quasi il 30 per cento, meno pesce, il 23 per cento, meno verdura nella misura del 10 per cento. Tenui segnali di ripresa si hanno nella creazione del risparmio che è cresciuto del 9,4 per cento e nei depositi bancari, più 4,6 per cento.

mercoledì 30 aprile 2014

Buon appetito!

Supermercati semideserti, code sopportabili alle casse, crescita del volume di affari dei discount, menu poveri, diminuzioni degli sprechi, ricette con gli avanzi. Sono alcune delle conseguenze del perdurare della crisi economica nella quotidianità della mensa. La nostra educazione ad una vita più sobria e più sana passa anche per un’equilibrata dieta e per il sapiente uso degli alimenti sin da bambini.
Non si può vivere senza mangiare, ma può succedere che mangiando s’impari a vivere. È la scommessa della Compagnia Teatrodaccappo di Fenaroli & Nicoli che sulle “tavole” di legno del palcoscenico con lo spettacolo Buon appetito! cerca di trasmettere il gusto di una cucina sana e raccontare un’istruttiva storia alimentare.
«Gli ingredienti – spiega Max Fenaroli – sono: la comicità, l’appetito, il gusto dei cibi, i sapori delle storie, i colori delle ricette, la partecipazione dei piccoli e grandi spettatori ed un pizzico di fantasia q.b.». La piece di teatro comico nasce dall’esigenza diffusa, espressa da insegnanti ed educatori, di informare e fornire consigli utili senza lasciare tracce di pedanteria. È proprio la specialità di Fenaroli & Nicoli che dal 1996 “cucinano” spettacoli e sollazzano bambini e famiglie di ogni età con le loro rappresentazioni teatrali in tutta Italia.
In Buon appetito!, nella parte centrale della storia, un orco tanto tonto e sporco deve imparare a mangiare sano. La metafora è evidente: se riesce l’Orcotonto, così si chiama il personaggio protagonista, tutti, proprio tutti, ce la possono fare. L’orco, nella favola, è redento dal cuoco del re che, con l’aiuto dell’intero villaggio, gli insegna a gustare cibi sani, sapienti e nutrienti. Così tra una risata, una canzone e una piroetta trascorre più di un’ora in cui si è capita l’importanza di un’alimentazione differenziata, i colori e i sapori dei cibi, la ricchezza e la bellezza delle ricette nostrane e di altri popoli, la piramide alimentare, la lotta agli sprechi, la riscoperta del pranzo come momento di convivialità e incontro. «Nello spettacolo – conclude Max Fenaroli – s’invitano gli spettatori a interrogarsi sulla loro condotta alimentare, su come vivere una vita più sobria, ma sempre con levità e simpatia».

Per info www.teatrodaccapo.it

lunedì 24 marzo 2014

Essere generativi

La cirsi morde ancora di più  e lo conferma il crollo dei consumi: meno 2,1 per cento rispetto ad un anno prima. A dirci che è il dato perggiore dal 1990 è l'Istat. Non si sa più come fare a risparmiare e c'è chi cavalca, in vista delle prossime elezioni europee, l'onda di protesta verso l'euro visto come fonte di tutti i mali. I coniugi Chiara Giaccardi e Mauro Magatti nel loro ultimo libro Generativi di tutto il mondo unitevi! per i tipi della Feltrinelli vedono anche nella crisi una possibilità di crescita. «Mangiamo senza aver fame – scrivono gli autori – siamo in mezzo agli altri rimanendo soli, facciamo sesso senza amare». Un uomo di sabbia ingabbiato in un sistema di acciaio perché la crisi che attraversiamo investe anche l’idea di libertà che abbiamo professato. Nel frattempo crescono le diseguaglianze, l’indifferenza, la depressione.
Come, allora, liberarsi dall’oppressione della società contemporanea? I nostri autori introducono il concetto di “generatività” che non coincide con il solo “fare figli” perché è molto più di un atto biologico: è simbolico, politico, antropologico. È generativo l’educatore che sa “tirar fuori” il meglio dai suoi studenti, l’imprenditore che non segue il profitto ma un sogno da realizzare con i suoi collaboratori. «Sono generativi l’artigiano e l’artista quando amano quello che fanno e, attraverso la loro maestria, aggiungono bellezza al mondo». È generativo il volontario che sana una lacerazione del tessuto sociale, il professionista che persegue il bene comune, «l’amministratore locale che sa porsi come punto di aggregazione delle tante energie presenti sul territorio, diventando il volano per la mobilitazione di risorse diffuse capaci di rinsaldare i legami comunitari». 
Una teoria sociologica, dunque, che scavalca l’orizzonte individuale per aprirsi alla società e alla politica come mezzo per superare la società consumistica. La  nuova parola d’ordine è generare come atto supremo di libertà creativa.