venerdì 23 dicembre 2011

Un albero riciclato

L'albero che vedete è stato realizzato a Kaunas, in Lituania, utilizzando 40 mila bottiglie di plastica riciclate. L'effetto è ottimo, non si inquina, e non si usa un vero albero. Il merito è di Jolanda Smidtienė, un originale artista, che da tre anni si occupa degli addobbi della città e che è riuscita, con un pizzico di ingegno, a sopperire alla crisi economica. L'albero raggiunge i 15 metri di altezza ed è illuminato di verde per restituire le sembianze di un vero abete. Si è trovata così la quadratura del cerchio per far tutti contenti: i cittadini, le casse comunali e la natura.
Buon Natale!

giovedì 15 dicembre 2011

Eco Bazar

Si apre il 16 dicembre la seconda edizione dell’Eco Bazar, il mercatino dedicato al riuso e al riciclo che ospita artisti ed artigiani operanti a Cagliari e nel resto della Sardegna. Per gli artisti, una vetrina per l’esposizione e la diffusione delle proprie creazioni, per il pubblico un’occasione per accostarsi al mondo del riciclo creativo e per acquistare creazioni originali realizzate con le tecniche del riuso, per un Natale sostenibile e all’insegna dell’originalità. Il Bazar sarà aperto dal 16 al 23 dicembre, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00, con un unico giorno di chiusura il lunedì 19 dicembre.

lunedì 12 dicembre 2011

Una scuola ad idrogeno

A Castelnuovo del Garda, comune non nuovo a innovative iniziative, viene inaugurata la prima scuola alimentata ad idrogeno.

Un cogeneratore a celle a combustibile Sidera 30, realizzato da ICI Caldaie, produce energia elettrica e termica utilizzando come combustibile idrogeno derivato da metano ed è il primo del suo genere ad essere installato in un polo scolastico in Italia, e quasi certamente nel mondo.

Il sistema è in grado di produrre una potenza di 30 kW elettrici e 45 kW termici con la stessa quantità di metano consumata da una caldaia di buona qualità da 50 kW termici, ha emissioni inquinanti pressoché nulle ed utilizza gas naturale dalla rete di distribuzione.

«L’impianto, frutto di una tecnologia innovativa, rientra in una serie di progetti finalizzati al contenimento della spesa energetica, alla salvaguardia dell’ambiente e alla tutela della salute dei cittadini – spiega il sindaco, Maurizio Bernardi –. L’appuntamento con le inaugurazioni offrirà anche l’occasione per presentare le politiche ambientali ed energetiche del Comune e gli scenari futuri».

La centrale a biomassa, realizzata in collaborazione con Etatech, sfrutta invece il cippato proveniente come scarto di produzione da una segheria del territorio. Il risultato è un impianto di mini teleriscaldamento a servizio del polo scolastico, del centro sociale e del nuovo parco sportivo della frazione di Cavalcaselle. Attualmente ha una caldaia di potenzialità pari a 650 kW termici, ma l’edificio che la ospita è stato progettato per accoglierne due di potenzialità complessiva pari a 1300 kW.

Sidera 30 e centrale a biomassa sono stati acquisiti con il contributo della Regione Veneto.

Infine, i due impianti fotovoltaici realizzati da Bayer-Raach, con una potenza di 630kWp per Castelnuovo e di 999kWp per Sandrà, assicurano una produzione annua di oltre 1.800.000 kWh ed un risparmio di oltre di 1300 tonnellate di CO2 che non verranno immesse nell’atmosfera.

Come precisa l’assessore ai Lavori pubblici, Massimo Loda «Non va dimenticato che i progetti di produzione di energia da fonti rinnovabili permetteranno al Comune di avere maggiore autonomia economica, che consentirà di garantire una migliore qualità dei servizi al cittadino».

«Questi progetti sottolineano l’attenzione del Comune all’aspetto ambientale – osserva il consigliere delegato all’Ecologia, Ambiente e Agricoltura, Roberto Oliosi – e proprio in quest’ottica l’Amministrazione comunale ha deciso di intraprendere il percorso per una gestione sistematica e pianificata: la Certificazione Ambientale Emas».

mercoledì 7 dicembre 2011

Pane olio e sale

Cucinare: un gesto di cultura, lode, amore e ricordo

Lo diceva Virginia Woolf: «Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è mangiato bene». Mi metto una mano sulla coscienza, scrivendo questo articolo che vuole essere un inno alla cucina. Perché il privilegio di godere della cucina, come di tante altre piacevolezze, è precluso a molti.

Un miliardo di persone al mondo soffre la fame e anche nei Paesi occidentali negli ultimi anni sono aumentate drasticamente le persone denutrite. Ma cantare le glorie della cucina non significa esaltare l’abbondanza smisurata delle portate, l’ingordigia sfrenata, l’estrema raffinatezza o le costosissime prelibatezze. Tanti dei piatti più gustosi sono nati arrangiandosi in periodi di povertà e di restrizioni.

La cucina ebraica, ad esempio, ha saputo creare cibi eccellenti nonostante le rigide regole alimentari e il divieto di cucinare di sabato. Inoltre non ci vuole nulla a dare anche al desco più modesto un aspetto di elegante gaiezza.

A volte, per creare il miracolo d’una tavola accogliente è sufficiente una tovaglia col bordo colorato, un cestino col pane appoggiato su un bel tovagliolo, l’armonia del pur modesto vasellame. Anche semplici ravanelli e prosaici cetrioli, affettati curando l’armonia delle forme e dei colori, possono competere con un piatto di ostriche. Esaltare la cucina non significa quindi inneggiare alla golosità, ma cantare le glorie d’un gesto umano che è cultura, lode, amore e ricordo.

La cucina è cultura perché tramanda tradizioni. Le ricette, anche le meno ambiziose della cosiddetta cucina povera, costituiscono un inestimabile patrimonio culturale per ogni Paese: s’inerpicano in percorsi storici che riportano alle origini, agli antenati, alla propria terra, alle proprie coltivazioni, ai propri singolari modi di cacciare e pescare.

In un libro incantevole, Un filo d’olio (Sellerio), Simonetta Agnello Hornby ripercorre, attraverso le ricette di nonna Maria annotate in un quadernetto, uno spaccato di vita siciliana. Esempio di cucina che si fa cultura.

Cucinare è anche un gesto di lode. Lode alla creazione. Abbinare con sapienza i prodotti della terra, dosare il fuoco su carni d’animali e pesci, è rispondere alla benedizione del creatore a Noè: «Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe».

Poi ancora: cucinare è un gesto d’amore, perché quando si cucina si è ben coscienti di preparare qualcosa che delizierà fisico e spirito di persone che si amano. L’attenzione alla ricetta, alla preparazione degli ingredienti, alle proporzioni, il misurato ma indispensabile sfogo alla creatività, la cura nella presentazione: è tutto amore che s’immette tra pentole e mestoli e che trionfa sulla tavola.

Il locale della cucina diventa così l’anima della casa. È a tavola infatti che spesso si rafforzano i legami. È mentre si cucina che ci si unisce in intime confidenze. Ricordo i momenti preziosi passati tra i fornelli con mia mamma. Le interminabili chiacchierate mentre lei arrotolava gnocchi, tagliava melanzane o impanava fiori di zucchine.

Una volta friggeva frittelle di mele e senza guardare le posava di fianco a sé su un piatto: mentre l’ascoltavo rapito, io mangiavo una dopo l’altra quelle squisitezze ancora calde. Poi s’è voltata, e non ce n’era più neanche una. Non è finita bene quella volta, ma in cucina ci sta anche quello. Di quel fatto a casa nostra ne abbiamo poi riso parecchio.

Infine, cucinare è un gesto che genera e suscita ricordi. I gusti più semplici, assaporati nell’infanzia, sono quelli che rimangono impressi nella memoria. Per tutta la vita ricerchiamo i gusti della cucina della mamma e della nonna. Nel delicato cartone animato Ratatouille, il temibile critico gastronomico s’intenerisce di fronte a un piatto che gli ricorda la cucina della nonna.

Il mio ricordo è una fetta di pane su cui si versava corposo olio d’oliva e si spargeva un po’ di sale. Me lo preparava Nino, un amico a cui i genitori m’avevano affidato per una settimana mentre erano via. Nino abitava in una comunità dei Focolari. Da allora quel ricordo squisito, poetico – pane olio e sale – è legato in me all’altrettanto indimenticabile ricordo dei giorni passati in quel luogo speciale. Ma ognuno avrà il proprio, di ricordo. Quel gusto, quel cibo indimenticabile che racchiude in sé, come in uno scrigno, la dolcezza dell’infanzia.

Michele Genisio

Vado a gas

Interconnessione, interazione, collaborazione. Per questi motivi è nata la rubrica di “Vita sobria”. Un nostro lettore, Bartolomeo, di cui troverete sotto per esteso l e sue mail ci suggerisce di parlare dell’alimentazione al metano per gli autoveicoli.

In tempi di crisi, di prezzi di carburante alle stelle, perché, propone Bartolomeo, non passare al metano che presenta indubbi vantaggi e pochi svantaggi? Il vantaggio più evidente è il risparmio sul costo del carburante: approssimativamente il 60 per cento rispetto alla benzina, il 40 rispetto al gasolio e il 30 rispetto al Gpl. «Il metano – scrive Bartolomeo – è abbondante e non è derivato dal petrolio come la benzina, il gasolio e il Gpl».

La riduzione del bollo auto per le autovetture monovalenti (alimentate solo a metano e con un piccolo serbatoio a benzina) va da un minimo del 75 per cento fino all’esenzione totale, e per sempre, in alcune regioni italiane, come il Piemonte. Inoltre, le auto a metano hanno minori emissioni inquinanti rispetto a tutti gli altri tipi di alimentazione e, per questo, possono circolare nei centri storici delle città anche in presenza di blocchi della circolazione.

Al contrario di quanto si pensi il metano, anche in casi di incidenti gravissimi, è meno rischioso, perché in caso di fuoriuscita non si disperde al suolo e ha una soglia di infiammabilità e una temperatura di autoaccensione a contatto con l’aria molto superiore alla benzina, al Gpl e al gasolio. E, infatti, le auto a metano non hanno nessun limite di circolazione, né nei parcheggi, né in navi o traghetti.

Tra gli svantaggi c’è l’affrontare il costo iniziale di un’autovettura più cara delle altre, o di far installare l’impianto su un’autovettura a benzina. I distributori, poi, sono ancora pochi, appena più di 800 in Italia e solo 26 nella rete autostradale. Le bombole, inoltre, sacrificano lo spazio nel baule e il loro maggior peso, che grava sull’asse, determina una maggiore sollecitazione e una maggiore usura nel tempo degli ammortizzatori. Le candele sono da controllare più spesso di una normale autovettura e le bombole vanno revisionate dopo quattro anni, anche se l’alimentazione a metano permette di allungare gli intervalli di manutenzione ordinaria perché mantiene puliti più a lungo olio e filtri.

Per ogni approfondimento si può visitare il sito www.metanoauto.com.

Vado a metano 2


Ho scritto sperando di segnalare una cosa utile. Aggiungo che la preoccupazione maggiore che ho avuto nell'acquisto di un'auto a metano è che fosse sicura e non causasse danni ad altri. Dico questo perché le bombole sono a 200 atmosfere, una pressione molto elevata ma che si può gestire con dei controlli adeguati. Sono tranquillo perché ci sono decine di migliaia di nuove immatricolazioni ogni anno. Purtroppo non ci sono più gli incentivi che c'erano quando ho acquistato l'auto e questo rappresenta uno degli svantaggi perchè l'auto a metano costa un paio di migliaia di euro in più rispetto all'equivalente in benzina.

Bartolomeo

lunedì 5 dicembre 2011

Vado a metano

Ho letto un articolo di qualche settimana fa relativo a come risparmiare durante la crisi. Per il carburante per l'auto si suggeriva di andare sui siti che indicano il distributore più conveniente.

Segnalo che da qualche anno è possibile acquistare autovetture che usano il metano come carburante.

Il metano è abbondante e non è derivato dal petrolio, come benzina, gasolio e gpl. Inoltre è pulito e si può circolare anche con blocco del traffico o in ZTL. Il prezzo è molto basso e inoltre in alcune regioni non si paga il bollo, avete capito bene zero bollo per sempre. L'auto nuova a metano costa costa circa 2000 euro in più dello stesso modello benzina, ma si può anche installare un impianto su un modello a benzina.

Lo svantaggio è che i distributori sono ancora pochi e nelle città, ma se si rimane senza si può sempre andare a benzina. Si può anche installare una pompa casalinga e rifornirsi di notte, avete capito bene, una pompa di carburante casalinga, ma la pompa costa circa due mila euro e non conviene tanto se si ha una sola macchina a metano.

Lo svantaggio è che ci sono bombole molto grandi in quanto il metano è in pressione a 200 atmosfere e il baule delle auto piccole è un po sacrificato. Inoltre dopo i primi 4 anni occorre visionare le bombole

Per quanto riguarda la sicurezza il metano è un gas, quindi in caso di incidente potrebbe fuoriuscire a forte pressione, ma poi non rimarrebbe in loco essendo più leggero dell'aria ed infatti le auto a metano non hanno limitazioni per i parcheggi sotterranei, contrariamente al Gpl.

C'è una marea di informazioni in questo sito.

http://www.metanoauto.com

Spero di essere stato utile.


Bartolomeo

mercoledì 30 novembre 2011

Cambiare il mondo

Come cambiare il mondo con gli stili di vita è il titolo di un nuovo libro della Emi in uscita a gennaio 2012.

Dall'introduzione leggiamo:

«È molto più facile fare assistenzialismo perché non richiede nessun impegno di cambiamento delle nostre abitudini. Ci si mette la coscienza a posto perché si è dato qualcosa in forma di denaro o di aiuti, mentre tutto continua come prima con stili di vita che inquinano l’ambiente, che generano un consumismo spietato, che svuotano la vita di relazioni umane, che trattano le persone come esseri pericolosi da allontanare e discriminare. Oggi la parola chiave è cambiare, non più assistere.

È cambiando che ci ritroviamo tutti sullo stesso cammino, fianco a fianco e passo dopo passo, per costruire finalmente un mondo dove tutti possano ritrovarsi alla stessa mensa della vita, con la responsabilità di garantire a ciascuno ciò che gli spetta di diritto, ciò di cui ha bisogno per un’esistenza dignitosa».

Adriano Sella

giovedì 24 novembre 2011

Consuma sobrio

Nell'introduzione alla nuova Guida al consumo critico 2012, scritta da Francesco Gesuladi, tra l'altro si legge:

"L'unico modo per preservare le risorse non rinnovabili o scarsamente rinnovabili è convertirci alla sobrietà, ossia a uno stile di vita, personale e collettivo, più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali...Del resto la sobrietà è un imperativo di giustizia nei confronti dei tre miliardi di poveri assoluti che non riescono a soddisfare nenache i bisogni fondamentali".

E indica alcune strade: prima di ogni acquisto chiedersi se veramente ne abbiamo bisogno, cercare prima l'usato da amici e parenti, tenere la contabilità della propria spesa, rivedere i consumi privati e quelli collettivi.

"Nella vita di tutti i giorni - aggiunge Francesco Gesualdi - la sobrietà passa attraverso piccole scelte come quella di utilizzare meno auto più bicicletta, meno mezzo privato più mezzo pubblico, meno carne più legumi, meno prodotti globalizati più prodotti locali, meno merendine confezionate più panini fatti in casa, meno cibi surgelati più prodotti di stagione, meno acqua imbottigliata più acqua del rubinetto, meno cibi precotti più tempo in cucina, meno recipienti a termine più prodotti alla spina, meno pasti ingrassanti più correttezza alimentare".

E così via, per sapere cosa fare bisogna informarsi e questa è un utilissima Guida.

Dice il saggio pellerossa

Tempo fa un vecchio capo indiano ci mise in guardia con questo brano sempre attualissimo.

"Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,
l’ultimo fiume avvelenato,
l’ultimo pesce pescato,

vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.
La nostra terra vale più del vostro denaro.
E durerà per sempre.

Non verrà distrutta neppure dalle fiamme del fuoco.
Finchè il sole splenderà e l’acqua scorrerà,
darà vita a uomini e animali.


Non si può vendere la vita degli uomini e degli animali;
è stato il Grande Spirito a porre qui la terra
e non possiamo venderla
perchè non ci appartiene.


Potete contare il vostro denaro
e potete bruciarlo nel tempo in cui un bisonte piega la testa,
ma soltanto il Grande Spirito sa contare i granelli di sabbia
e i fili d’erba della nostra terra.


Come dono per voi vi diamo tutto quello che abbiamo
e che potete portare con voi,
ma la terra mai.

Piede di Corvo, Piedineri

mercoledì 9 novembre 2011

I Beppini

Dagli scarti della frutta e della verdura nascono 64 creme di una leccornia unica

A volte le grandi idee sono semplici e nascono come risposta a un dolore. In questo caso era, addirittura, angoscia. Quella provata nell’ascoltare una trasmissione tv che sentenziava: «Da qui a pochi anni sulla terra non ci sarà più cibo per tutti».

Siamo nel 1992 e Beppe Porqueddu, (la sua storia potete trovarla sul n. 23/2010 di Città Nuova), osserva per la prima volta con occhi diversi i fichi e i fichi d’India, colorati e abbondanti, che nel giardino dei suoi nonni in Sardegna non riscuotono tanto successo né in famiglia né tra gli amici. La prima idea è, invece, di non lasciare quei frutti incolti, di farne della crema da dessert e del liquore di fico d’India che ancora non viene prodotto industrialmente.

Perché la terra non basta a produrre cibo per tutti – è la domanda di Beppe – «se a pochi metri da casa mia il buon Dio fa crescere tutta questa roba, buona e nutriente, che spesso viene derisa come inutile?». Altra intuizione. D’estate, da ragazzo, Beppe aiuta il padre nei lavori dei campi e così ha modo di conoscere i vari tipi di ortaggi. Gettare pomodori, melanzane, bucce di finocchi e perfino le bucce dell’anguria gli sembra uno spreco. Come farne una risorsa? «Ero attento osservatore – racconta Beppe – delle cose che tutti buttano e chi l’ha detto che non sono buone?». Ormai adulto, e trasferito a Roma per lavoro, il profumo delle parti scartate del finocchio gli fa venire in mente l’idea di un condimento per la pasta.

S’inventa una crema vellutata con olio d’oliva, sale e gli scarti del finocchio: una vera délicatesse. In breve si moltiplicano i vari prodotti. Le creme, dolci e salate e i liquori, per ora, raggiungono quota 64. E nascono dalla carruba, dalle bucce di anguria, di arancia, di pesca, mescolate con frutta, ortaggi, anche in versione piccante, con peperoncino. Tutto rigorosamente biologico, sterilizzato in modo naturale, senza conservanti e additivi di nessun genere. L’intera collezione, dal nome di battesimo del suo ideatore, si chiama “I Beppini: gusti, profumi e sapori dell’orto dei nonni di casa mia”, perché tutto nasce dall’antica cultura contadina che, conoscendo ogni varietà dei frutti della natura, non getta nulla.

“Formaggiando sfizioso” sono, invece, 14 diverse ricette di prodotti da abbinare ai formaggi. Ci sono 12 varianti di fichi, anche al rum.

Per il dessert la serie “Un cioccolatino da mangiare con il cucchiaino”. Un elegante vasetto composto da vari strati di crema dolce di frutta e di verdure alternati a cioccolata e pensato per la festa di san Valentino, per essere mangiato “a due”, con un unico cucchiaino per gli innamorati di ogni età.

venerdì 4 novembre 2011

Da spreco a risorsa

Come fare a non buttare nella spazzatura quintali di prodotti alimentari invenduti?
La scena a cui ho assistito sotto casa l’altra sera ha dell’assurdo. Ma è molto più frequente di quanto si pensi. Su di un furgoncino vengono versati secchi e secchi pieni di carne provenienti dal supermercato sottostante. La destinazione è evidente: diventeranno spazzatura. Stessa sorte per quei sacchi di pane accatastati lì vicino e per quella frutta matura che non si può più vendere. Poco più avanti, davanti alle porte di una chiesa, c’è chi chiede l’elemosina e di fronte alla parrocchia si è aperto un nuovo sportello della Caritas, perché i bisogni di chi non arriva alla famosa quarta settimana, e neanche alla terza, sono in aumento.

Anomalie di un sistema sociale che vive pienamente la crisi e che rischia di finire per abituarci alle cose più assurde, come quelle appena descritte. I dati sono preoccupanti. Secondo Il libro nero dello spreco in Italia (Ed. Ambiente), curato da Last Minute Market, società di ricerca dell’università di Bologna, nel nostro Paese ogni anno finiscono nella spazzatura 12 miliardi di euro, quanto basterebbe per sfamare 636 mila persone. Gli ipermercati buttano via ogni giorno 250 chili di cibo, mentre 20 milioni di tonnellate di cibo ancora buono proveniente dai campi o dalle case finiscono tra i rifiuti. Una tendenza, come è logico, purtroppo, non solo italiana: dal 1974 a oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50 per cento.

Nel nostro Paese qualche buona proposta per invertire la tendenza non è mancata. Nel 2003 era entrata in vigore la legge detta del buon samaritano che autorizzava le onlus a distribuire gratuitamente prodotti alimentari agli indigenti. Queste, di fatto, possono prelevare da mense, ristoranti, supermercati, cibo ancora buono, ma invenduto, e portarlo a chi ne ha bisogno. A distanza di anni, però, sono stati riscontrati alcuni difetti dell’impianto normativo, ostacoli fiscali e igienico-sanitari, che di fatto impediscono tale azione. Già nei mesi scorsi mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, aveva lanciato l’idea della bread-card, una carta del pane che autorizzi le persone disagiate a recuperare di persona i prodotti nei forni, nelle pizzerie, nei supermercati e nelle mense del loro quartiere, in un orario prefissato a fine giornata. «Portare quantitativi di pane, pizza, biscotti nei nostri centri non è la soluzione – afferma mons. Feroci –: sarebbero troppi anche per noi e i trasporti troppo costosi e ingombranti. Perché invece di far muovere le merci non facciamo muovere le persone? Attraverso le card si creerebbe una rete di solidarietà allargata a tutta la città: un intero territorio solidale e non solo degli snodi solidali». A Caritas, municipi, comune spetterebbe in questo caso il ruolo di ponte fra chi offre e chi chiede.

Altra proposta: un recente disegno legge bipartisan presentato da 30 senatori di tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione. “Un pasto in famiglia”, questo il suo nome, è finalizzato alla semplificazione degli adempimenti burocratici e fiscali a carico dei soggetti donatori. Un’iniziativa, che, come spiega il primo firmatario, il senatore Luigi Grillo, «mira a liberare le grandi potenzialità delle micro-donazioni a favore delle comunità e delle associazioni, ma anche dei singoli nuclei familiari».

Non si fa fatica a immaginare che il buon senso dei singoli porti, ad esempio, un pizzaiolo a donare al povero vicino quanto gli avanza piuttosto che buttarlo, ma se questo stesso buon senso finisse dentro una legge…

Aurora Nicosia

venerdì 28 ottobre 2011

Regalo fai da te

«Avendo iniziato, nostra figlia, la scuola elementare, si è subito presentata la questione delle feste di compleanno e quindi dei regali. Aveva suscitato in me molto interesse la scelta di una mamma che, anche per motivi economici, non comprava regali, ma faceva fare dei lavoretti ai figli per il festeggiato o per la festeggiata. Ho colto in questo atteggiamento la possibilità di portare avanti valori – e non consumismo – e un’occasione di educare i nostri figli a ciò che è importante nei rapporti. Parlando con gli altri genitori, sono emerse le implicazioni di una scelta del genere. Le feste di compleanno sarebbero state, per il bambino, solo gioiosa attesa per stare insieme agli amici e non attesa di regali. Non ci sarebbe più stata una certa “classificazione” dei compagni sulla base del regalo più azzeccato. Poi, preparare con le proprie mani e la propria fantasia – che poi diventa “cuore” –, una sorpresa alimenta nel bambino la capacità di voler bene all’altro, bello o brutto che sia, uguale o diverso, simpatico o anche un po’ antipatico. Infine, ma non per ultimo, sarebbe stato un modo per aiutare i nostri figli a “svincolarsi” dalla mentalità consumistica che ci opprime.

«Tutte queste motivazioni meritavano, quindi, una riunione tra genitori! Così, un giorno, ci siamo ritrovati e chi non è potuto venire ha mandato una lettera con il proprio pensiero, o telefonato. Non è stato difficile trovare un accordo: niente regali “comprati”, ma lavori fatti dagli stessi bambini.

«La prima festa di compleanno fatta secondo il nuovo “stile” è stata proprio una sorpresa per tutti: sulla parete del salotto di R. c’erano disegni, poesie e persino un acquario tridimensionale con pesci, alghe e stelle marine! Dei veri capolavori!».

Etta

giovedì 27 ottobre 2011

Famiglie e usura

Una delle trappole dell'acquisto a rate è che si rischia di cadere nell'indebitamento, per cui è sempre meglio valutare bene le proprie possibilità economiche prima di fare un acquisto e lasciar strare se per ora non è possibile senza necessariamente ricorrere al credito al consumo. Mi arriva questa nota di Carlo Cefaloni.

Il segnale più eloquente della crisi economica è l’impoverimento del ceto medio, quello che prova vergogna nel chiedere aiuto. Non si tratta di ossessione da shopping. Casi in cui occorre il sostegno psicologico. Quello che servirebbe ad un sistema che incentiva a comprare anche il superfluo e a tentare continuamente la fortuna, con l’avvertenza finale «gioca il giusto». Bisogna perciò agire sulle cause remote, su quel clima seduttore in cui il denaro, come dice Shakespeare, è capace di invertire il senso delle cose, rendere «brutto il bello, volgare il nobile» e quindi è capace di inghiottire anche chi semplicemente inizia, senza rendersene conto, accendendo troppi presiti da restituire in “comode” rate che, prima o poi, cominciano a decorrere. Call center dedicati al recupero crediti generano quella angoscia che non è mai buona consigliera e rischia di far scivolare verso scelte imprudenti. Il percorso di una cittadinanza attiva e solidale parte, perciò, dalla costruzione di legami di fiducia che liberano dalla solitudine.

La persona vale molto di più dei suoi debiti. Da queste esperienze nascono le numerose realtà anti usura presenti in Italia che aiutano a difendersi da certe prassi delle società finanziarie, a trattare e rinegoziare mutui e prestiti,ma, innanzitutto, a mettere ordine nel bilancio personale e familiare. Come fa, ad esempio, la cooperativa di “mutua auto gestione” (Mag) di Venezia (www.magvenezia.it) con il suo servizio di prevenzione dell’eccessivo indebitamento. Un buon decalogo di regole per difendersi dall’usura si trova sul ricco sito della fondazione padre Pino Puglisi (www.fondazioneantiusura.it).


venerdì 14 ottobre 2011

Non è Francesca

Un anonimo lettore leggendo il post "Vivere con stile" del gennaio 2011 si chiede chi è Francesca, l'autrice dell'intervista al sottoscritto. E' semplicemente una giornalista del settimanale "La vita del popolo" di Treviso. Per assonanza mi ha fatto veire in mente il famoso brano di Lucio Battisti.












"Ti stai sbagliando chi hai visto non e'
non e' Francesca
Lei e' sempre a casa che aspetta me
non e' Francesca
Se c'era un uomo poi
non puo' essere lei
Francesca non ha mai chiesto di piu'
chi sta sbagliando son certo sei tu
Francesca non ha mai chiesto di piu'
perche' lei vive per me
Come quell'altra e' bionda pero'
non e' Francesca
Era vestita di rosso lo so
non e' Francesca
Se era abbracciata poi
no non puo' essere lei
Francesca non ha mai chiesto di piu'
chi sta sbagliando son certo sei tu
Francesca non ha mai chiesto di piu'
perche' lei vive per me
lei vive per me
lei vive per me"

Fare il bilancio familiare

I prezzi aumentano, i risparmi diminuiscono, il governo regge e le entrate tributarie pure. Tanto per essere concreti, l’inflazione tocca il 3 per cento con una leggera stima al ribasso, il tasso di risparmio è al 12 per cento sul reddito disponibile, il governo incassa la fiducia con 316 voti alla Camera e le entrate tributarie aumentano dell’1,7 per cento. Si procede così, come nelle onde della tempesta, come nella vita, tra alti e bassi. Eppure i numeri non misurano la felicità, ma ci possono insegnare ad essere più oculati. La crisi economica ha, infatti, anche i suoi effetti positivi se ci obbliga ad una gestione delle finanze più consapevole. Il gruppo Findomestic, tra i principali operatori in Italia per il credito alle famiglie, ha elaborato un sito web, http://percorsi.findomestic.it, senza fini di lucro, per fornire delle utili nozione di base su come gestire al meglio le proprie risorse finanziarie. A sorpresa, scopriamo, che al contrario di quello che si pensa e, a volte, troviamo scritto nei giornali, il ricorso al credito al consumo, tipico della classe media italiana, in tempi di crisi diminuisce perché più c’è crisi più le famiglie fanno i conti con un budget ridotto e meno tendono a prendersi impegni per il futuro. Normalmente un italiano su due ha già fatto ricorso in passato all’acquisto a rate tramite un prestito per una casa, una macchina, un mobile, elettrodomestici. È così frequente che la macchina, l’acquisto più importante dopo la casa, è comprata a rate nel 64 per cento dei casi. Sembra un consiglio lapalissiano, ma come evidenziano anche le pillole formative presentate nel sito di Findomestic, le difficoltà nascono dalla mancanza di conoscenza del proprio bilancio familiare. La famiglia, dal punto di vista economico, è una piccola azienda a tutti gli effetti e, il primo campo di osservazione è avere chiaro quali sono le entrate e le uscite mensili. Senza questo primo mattoncino non si può edificare nulla. Basta cominciare, per chi non lo facesse, da annotare su un quaderno le entrate e uscite mensili e tirare le somme su quanto si spende per le varie uscite: affitto, mutuo, alimenti, vestiario, benzina, rate varie. Una volta effettuato il bilancio, mese dopo mese, parlandone in famiglia, anche con i bambini, si tirano le somme su quali spese sono necessarie e quali sprechi sono stati fatti. Oggi che è più difficile tenere sotto controllo le spese è più che mai necessario fare un bilancio per pianificare le spese a breve, medio e lungo termine. Per non avere imprevisti e dormire, per quanto possibile, tranquilli. Non sempre, infatti, conviene ricorrere a un prestito se non si conosce la propria situazione, e a volte, se il conto è spesso in rosso, può essere controproducente aumentare il sovra indebitamento. Oltre i simpatici test, per capire se si è cicale o formiche, apprendisti o maghi della finanza è anche utile per approfondire visitare il sito www.creditoresponsabile.it .

mercoledì 5 ottobre 2011

Sono fuori dal tunnel

Piccole avventure di inizio dell’anno scolastico. Ma la scuola non era gratuita?

Come inizio dell’anno scolastico non c’è male. Prima procedura richiesta ai genitori che hanno figli nella scuola elementare: calcolare l’Isee che sta per “indicatore di situazione economica equivalente”. È un indicatore che determina la situazione economica di una famiglia con cui si possono richiedere prestazioni agevolate di natura sanitaria o sociale. Nel mio caso la riduzione del contributo per la mensa scolastica dei miei due figli. Dall’anno scorso, infatti, il Comune di Roma ha raddoppiato la tariffa mensile, portandola da 40 ad 80 euro. L’attestazione Isee è rilasciata dai Caf, centri di assistenza fiscale gratuiti. E, qui scatta il primo permesso dal lavoro e, almeno, un’ora di tempo. L’attestazione Isee va, poi, consegnata al proprio Comune di residenza, unitamente ad altri moduli da compilare in loco. Nel mio municipio di competenza sbrigano solo 200 pratiche al giorno legate ad altrettanti numeri da ritirare all’ingresso. L’ufficio apre alle 8 e 30. Sono arrivato alle 7 e 45 ed ho preso solo il numero 53. Per prendere il biglietto numero 1 un signore è arrivato alle 6 e 30. Scattano almeno altre due ore di attesa e di permesso dal lavoro. Ultima tappa: la ricevuta del Comune di Roma che indica l’importo esatto della rata da pagare, in base al reddito, va consegnata presso la segreteria scolastica. Scatta un’altra ora di permesso.

Per due figli sono, dunque, almeno 100 euro mensili, per un reddito medio. La lezione curriculare di musica e di attività motoria, all’interno del consueto orario di lezioni, si paga. Sono rispettivamente 55 e 32 euro all’anno. Il sapone, la carta igienica, rotoli di carta assorbente da cucina, materiali vari, risme di carta e altro sono a carico delle famiglie e si pagano con un fondo cassa organizzato dal rappresentante scolastico. Spesa media annuale, compresi i costi delle gite, 150 euro l’anno. La merenda da portare a scuola può costare, diciamo un euro al giorno. I bambini che fanno tempo pieno, rimangono a scuola fino alle 16 e 30, ma i genitori che lavorano entrambi non possono prenderli prima delle 18. Si devono affidare, nel caso di mancanza di parenti, alle baby sitter (circa 8 euro l’ora), al dopo scuola (45 euro mensili) o a i corsi organizzati con l’ausilio di cooperative nella fascia oraria dalle 16 e 30 alle 18. Un corso di ginnastica artistica, di attività sportiva costa 35 euro al mese, un corso di pittura o canto 25 euro al mese. In genere c’è una combinazione tra le tre ipotesi. Nel mio caso, la spesa si aggira sui 180 euro mensili per due bambini. Includendo tutte le spese si arriva ad una spesa annua di circa 4 mila euro. E i libri, nella scuola primaria, sono ancora gratuiti! Le forme di risparmio nascono dalla cooperazione tra le famiglie. Le feste con date di compleanno ravvicinate si accorpano, si comprano i materiali scolastici: colla, penne, colori, quaderni, in grande quantità all’ingrosso a prezzi di costo, si scambiano vestiti usati per bambini ancora in ottimo stato utilizzabili per i figli minori. Anche se permane un ragionevole dubbio: ma la scuola dell’obbligo non era gratuita? «Sono fuori dal tunnel» – cantava Caparezza –, ma, forse, non intendeva quello scolastico della Gelmini.

lunedì 26 settembre 2011

Difendersi dall'Iva

Dopo le vacanze, rieccoci a fronteggiare il nuovo aumento dell'Iva, ora salito al 21 per cento. Senza entrare nelle questioni di merito, cerchiamo di difenderci. Federica ci segnala un articolo pubblicato su Vita.it con un vademecum di Adiconsum che fornisce degli utili consigli.

Carburanti e trasporti.
Prediligere le pompe bianche e i distributori dei supermercati. In questi casi è bene fare il pieno e non mettere soli pochi euro di benzina. Per conoscere il distributore più vicino e più conveniente utilizzare il servizio PrezziBenzina.it, frutto di un progetto con Adiconsum. Provare a diminuire le unità del parco vettura familiare e a condividere il tragitto casa-ufficio con altri. Riesumare la vecchia bicicletta e utilizzare il più possibile i mezzi pubblici.

E-commerce: acquistare vestiti, scarpe, prodotti per la casa su siti sicuri. Possibili sconti fino al 70%.
Frutta e verdura: preferire i prodotti di stagione e di provenienza nazionale.
Bere acqua di rubinetto invece dell'acqua minerale: è quasi sempre buona, sempre e comunque sicura. Limitare gli sprechi di acqua corrente.
Scuola: per l’acquisto dei libri di testo rivolgersi se possibile al mercato dell’usato (fuori delle scuole, nei mercatini, nelle librerie con spazio dedicato). Per l’acquisto dei libri di testo nuovi rivolgersi presso la grande distribuzione, come pure per il corredo scolastico, evitando prodotti griffati. Fare leva sugli insegnanti e sui genitori per contenere le spese per i materiali da consumo, i testi aggiuntivi e gli insegnamenti facoltativi, nonché sui c.d. contributi volontari richiesti dalle scuole come se fossero
Sanità. Limitare il più possibile il ricorso a prestazioni private o intramoenia. Programmare e prenotare per tempo con il SSN i controlli di prevenzione e quelli periodici già prevedibili. Verificare la presenza nella propria città di strutture private "a basso costo", sempre più diffuse in questi tempi di crisi.
Vacanze. Un oculato "fai da te" supportato dalle risorse Internet può far risparmiare molto. Utilissime le Guide Adiconsum per non incappare nei problemi più comuni.
Canali di vendita. Alcuni prodotti hanno un prezzo molto più elevato se acquistati in farmacia, profumeria ecc. invece che nei supermercati o negozi specializzati a basso costo o nelle parafarmacie: pannolini e altri prodotti per l'infanzia, sia di igiene che di alimentazione, cosmetici di ogni tipo, parafarmaci ecc. Non è detto che i prodotti più cari di marca prestigiosa siano necessariamente migliori.
Prodotti di fascia non elevata. Ricordare che l'aumento dell'Iva al 21% incide di più, in valore assoluto, sui prodotti con prezzo elevato. Limitarne l’acquisto.
Limitare gli sprechi energetici. Lampadine sempre accese, uso di lavatrice e lavastoviglie non a pieno carico, uso di programmi di lavaggio a temperature eccessivamente alte: 40° per il bucato e 55° per le stoviglie sono più che sufficienti. Le lampade alogene (es. faretti) si possono spesso sostituire con quelle a LED. Il riscaldamento non ben programmato costa e anche il gas risente dell'IVA al 21% che viene applicata oltre i 480mc/anno, che bastano appena per la cucina: oltre il doppio quello che si consuma in media per scaldare la casa.
anutenzione ordinaria delle caldaie, dei pannelli solari ecc.: se ci si mette d'accordo con i condomini o i vicini si può stipulare un contratto che realizza economie di scala e abbassa notevolmente il costo degli interventi periodici
Servizi: assicurazioni, telefonia mobile, mutui e credito al consumo, conti correnti. Online ci sono molti motori di comparazione e preventivatori che si potrebbero sfruttare di più: l'infedeltà in questi casi può premiare.
TV a pagamento. Si può ridurre la spesa per abbonamenti a decine di canali, semplicemente recuperando il gusto per la lettura (le biblioteche pubbliche sono gratuite) e per le "chiacchierate" in famiglia o le cene con gli amici.
Gruppi di acquisto. Sono sempre più diffusi e anche grazie ad Internet permettono di realizzare grandi economie di scala. Inoltre gli operatori attivi nel settore sono spesso i migliori del mercato.
Evitare di prendere multe: se è vero che talvolta arrivano "a tradimento", spesso i comportamenti alla guida potrebbero essere più attenti
Occhi aperti: non è periodo in cui ci si può permettere di sprecare soldi in truffe e raggiri di varia natura. Attenzione agli acquisti online; mai pagamenti a persone che si presentano a casa (falsi amministratori di condominio, falsi ufficiali giudiziari o incaricati del fisco, agenti assicurativi, promotori finanziari...); attenzione alle polizze auto "fasulle" emesse da compagnie fantasma. Chiedere un consiglio alla sede Adiconsum più vicina prima di firmare un contratto potrebbe far risparmiare denaro e grattacapi.
E infine: smettere di fumare. Visto l'aumento vertiginoso dei tabacchi, tra IVA e accise, e le note conseguenze del fumo sulla salute...

lunedì 25 luglio 2011

Il caso dell'acqua. L'economia alle prese con i beni comuni

La scienza economica ha tradizionalmente trascurato il tema dei beni collettivi, e questo a causa del suo impianto metodologico individualista. I beni collettivi sono quei beni (come l’ambiente o la scala del condominio) che vengono consumati contemporaneamente da più persone e dove il consumo di un soggetto riduce il consumo di un altro. Quando si è in presenza di beni collettivi o comuni (commons) potrebbe verificarsi la cosiddetta “tragedia dei commons”, evidenziata dal biologo Hardin nel 1968. L’articolo legge il consumo dell’acqua in questa prospettiva, e propone alcune ipotesi di soluzione del problema.

Luigino Bruni
Fonte: Nuova Umanità

Leggi l'articolo

mercoledì 20 luglio 2011

La sobrietà che ci fa crescere

Il nostro amico Riccardo ci segnala il suo sito "La Goccia" (www.lagocciadisesto.it). L'ho visitato ed ho trovato questo bell'articolo di Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, pubblicato il 3 luglio 2011 su La Stampa, che vi propongo anch'io come lettura estiva.

Il P.I.L. misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Può dirci tutto sul nostro Paese, ma non se possiamo essere orgogliosi di esserne cittadini».
Mi viene spontaneo tornare al discorso che Robert Kennedy pronunciò all’Università del Kansas nel marzo 1968 – solo tre mesi prima di essere assassinato – ogni volta che sento parlare di manovre fiscali, crescita economica, sviluppo sostenibile, deficit pubblico… Sì, perché credo che siano argomenti che non riguardano solo politici ed economisti.

Ma argomenti che dovrebbero aprire la riflessione alla qualità della nostra vita quotidiana e della convivenza nella società civile. E tematiche di questo genere dovrebbero essere affrontate con uno sguardo più ampio, non limitato a facili contrapposizioni tra economia di mercato e stato sociale o improbabili alternative secche tra crescita dei consumi e povertà incombente.

In particolare, varrebbe la pena di riscoprire la valenza di uno stile di vita e un atteggiamento nei confronti dei beni materiali e del loro uso che – come ha osservato il cardinale Tettamanzi – è «segno di giustizia prima ancora che di virtù»: la sobrietà. Ben più di un semplice accontentarsi di quanto si ha o della capacità di non sprecare, la sobrietà ha una dimensione interiore, abbraccia un modo di vedere la realtà circostante che discerne i bisogni autentici, evita gli eccessi, sa dare il giusto peso alle cose e alle persone.

Sobrietà a livello personale significa riconoscimento e accettazione del limite, consapevolezza che non tutto ciò che ho la possibilità tecnica o economica di ottenere deve forzatamente entrare in mio possesso: la capacità di rinuncia volontaria a qualcosa in nome di un principio eticamente più alto obbliga a interrogarsi sulla scala di valori in base alla quale giudichiamo le nostre e le altrui azioni.

La moderazione non è la tiepidezza di chi è indifferente a ogni cosa e si crogiola in un preteso «giusto mezzo», ma la forza d’animo di chi sa subordinare alcuni desideri per valorizzarne altri, di chi sa riconoscere il valore di ogni cosa e non solo il suo prezzo, di chi orienta la propria esistenza verso prospettive non ossessionate da un incessante «di più», di chi sa dire con convinzione «non tutto, non subito, non sempre di più!». Sobrietà è la forza interiore di chi sa distogliere lo sguardo dal proprio interesse particolare e allarga il cuore e il respiro a una dimensione più ampia.

La «crisi» che viviamo dal 2008 in realtà era già operante da tempo: chi osservava la situazione ecologica, chi non era cieco di fronte alle crisi alimentari, poteva forse prevedere la crisi finanziaria, quindi monetaria ed economica. Ma chi aveva e ha occhi capaci di discernimento poteva però rilevare una «crisi» ben più profonda, una crisi spirituale, una crisi dell’umanizzazione, un avanzare della barbarie.

Dopo la caduta del muro di Berlino c’è stato un abbaglio, una fiducia smisurata nel mercato che sembrava garantire quello stile di vita consumistico cui ci eravamo abituati da qualche decennio… Ora non si tratta di ritornare indietro, ma di tornare al centro sì, all’asse che permette alla politica di rendere possibile ciò che è giusto, ciò che è doveroso, ciò che è necessario al «ben-essere» autentico, di tornare all’asse su cui economia di mercato e solidarietà, competitività e coesione sociale possono interagire ed essere coerenti con la ricerca della qualità della vita umana e della convivenza sociale.

Solo tenendo conto di queste istanze si può uscire dall’attuale mancanza di visione sull’avvenire ed elaborare e realizzare un progetto di società a dimensione umana, altrimenti si continuerà a inoculare germi di sfiducia soprattutto nelle nuove generazioni, che intuiscono la necessità di non ridurre l’uomo a produttore-consumatore ma che tuttavia percepiscono la loro impotenza.

In questa ricerca, giustizia e solidarietà sono elementi che trovano nella sobrietà stimolo e sostegno. E questo, se era vero in una società rurale e dotata di scarsi mezzi, lo è paradossalmente ancora di più in un mondo e in un’economia globalizzati. Infatti, la sobrietà non è solo misura nei propri comportamenti ma anche consapevolezza del nostro legame profondo e ineliminabile con le generazioni che ci hanno preceduto, con quelle che verranno dopo di noi e con quanti, nostri contemporanei, abitano assieme a noi il pianeta.

Nell’usare dei beni di cui dispongo e nell’ambire ad altri, non posso ignorare la necessità di un’equa distribuzione delle risorse: accaparrarsi beni, sfruttare il pianeta, disinteressarsi delle conseguenze immediate e future del proprio agire significa alimentare ingiustizie che, anche se non si ritorcessero contro chi le compie, sfigurano l’umanità e offendono il creato stesso.

Solo una sobrietà così concepita può tracciare un cammino sicuro per la solidarietà umana o, per usare una terminologia cristiana, per una «comunione universale». E questa solidarietà non è tanto il serrare le file da parte di un gruppo sociale per difendersi da un nemico comune o da un’avversità condivisa, non è solo la reazione spontanea e generosa davanti a una sciagura, ma è – a monte di queste cose – la percezione che nostri sodali nell’avventura umana sono quanti ci hanno preceduto e hanno lavorato e lottato per consegnarci condizioni di vita meno precarie, sono coloro che verranno dopo di noi e ai quali riconsegneremo un patrimonio eroso dallo sfruttamento e sono anche, ben più presenti ai nostri occhi, quanti oggi stesso vicini a noi o lontani, non dispongono di beni essenziali per una vita degna e anzi pagano sulla loro pelle i privilegi di cui noi godiamo e che pretendiamo di accrescere continuamente.

Se non dimenticassimo questa solidarietà generazionale e mondiale, la sobrietà ci apparirebbe allora come l’unico stile di vita capace di restituire, a noi stessi per primi, dignità umana e senso dell’esistenza. In questo senso sobrietà e sviluppo non sono antitetici, se per sviluppo non intendiamo la crescita ininterrotta e l’accumulo incessante ma il pieno dispiegarsi delle potenzialità dell’essere umano, un fiorire delle risorse nascoste in ciascuno di noi che la stessa «decrescita» alimenta con la sua ricerca dell’essenziale. Davvero, la sobrietà ci fornisce gli strumenti per misurare noi stessi e il nostro rapporto con «ciò che rende la vita degna di essere vissuta».

Enzo Bianchi

lunedì 11 luglio 2011

Il porco coerente

La bresaola della Valtellina si fa in provincia di Sondrio, ma la carne utilizzata può venire indifferentemente dall’Uruguay o dall’India. Il prosciutto crudo può essere italiano anche avendo lavorato carni olandesi o balcaniche. E così via. Ora, anche se non subito, tutto questo finirà perché non si potrà più definire made in Italy, un insaccato prodotto da animali importati. Il maiale, la carne di porco, insomma, deve essere coerente con la nazionalità di produzione per poter essere considerata italiana. E nelle etichette deve essere indicato sia il luogo di produzione sia le origini della carne usata, gli ingredienti aggiunti, indicazioni di allergeni e le caratteristiche nutrizionali. L’obbligo varrà per tutte le carni: suine, ovine, caprine, sia fresche che congelate.

Sugli imballaggi, inoltre, vengono infatti messi al bando tutte le forme di espressione e di presentazione dei prodotti che rischiano di indurre il consumatore in errore. Ad esempio, se uno yogurt riporta l’immagine di un frutto, il prodotto dovrà contenerlo. Il consumatore viene anche messo in guardia se il pesce e il pollo che acquista sono stati addizionati con acqua, bisogna poi indicare la data di congelamento dei prodotti, e il nome dei “prodotti di imitazione” come i sostituti del formaggio.

È una decisione importante presa dal Parlamento europeo pochi giorni fa con 606 voti favorevoli, 46 contrari e 26 astenuti che dovrà essere ratificata dal Consiglio dei 27 Stati dell’unione. Passerà del tempo anche per le nuove etichette, gli Stati hanno tempo fino a cinque anni dall’approvazione della legge. È, comunque, una buona notizia che tutela di più il consumatore. Per una vita sobria e sana si consiglia, però, sempre la carne e gli alimenti del produttore locale più vicino, a chilometro zero, dove è più facile creare un rapporto di fiducia con il produttore e trovare cibi sani e biologici.

venerdì 8 luglio 2011

Acqua vietata ai minori di tre anni


Nell’acqua potabile di oltre cento città ci sono elevati valori di arsenico e di fluoruro: dopo l’ok dell’Unione europea, il ministero della Salute ha concesso una nuova deroga. Ma per i prossimi mesi cosa dare da bere ai neonati?

Nell’acqua potabile fornita in oltre 100 comuni italiani dagli acquedotti ci sono valori di arsenico e di fluoruro superiori ai limiti previsti dalla legge. Un problema noto, visto che per consentire agli enti locali di adeguarsi, e per evitare il blocco dell’erogazione dell’acqua, si è arrivati nei giorni scorsi alla terza deroga del governo. In pratica, dopo aver ottenuto quella che dovrebbe essere l’ultima autorizzazione dell’Unione europea, il ministero della Salute, insieme a quello dell’Ambiente, ha concesso alle regioni Campania, Lazio, Lombardia e Toscana e alla provincia autonoma di Trento la possibilità di continuare ad erogare l’acqua incriminata fino, al massimo, al 31 dicembre del 2012.

Nonostante la deroga, però, è obbligatorio adottare delle precauzioni. Innanzi tutto per i più piccoli. E così, nei comuni interessati dal problema, l’acqua è vietata per i bimbi da zero (dunque anche per le gestanti) ai tre anni. Viene da chiedersi, a questo punto, chi fornirà alle famiglie acqua che sia davvero potabile o chi rimborserà il costo delle bottiglie di minerale acquistate in alternativa. Delle particolari precauzioni dovranno inoltre essere adottate anche dalle imprese alimentari.

I COMUNI

In Campania la deroga riguarda il comune di Nola, frazione Tossici, dove i livelli di fluoruro potranno arrivare a 2,5 mg/L.

Nel Lazio la deroga riguarda i livelli di arsenico, che potranno essere al massimo di 20 ug/l nei comuni di: Aprilia, Cisterna di Latina, Cori, Latina, Pontinia, Priverno, Sabaudia, Sermoneta, Sezze, Albano Laziale, Anzio, Ardea, Ariccia, Bracciano Vigna di Valle, Campagnano di Roma, Castel Gandolfo, Castelnuovo di Porto, Ciampino, Civitavecchia, Formello, Sacrofano, Genzano, Lanuvio, Lariano, Magliano romano, Mazzano romano, Nettuno, Santa Marinella, Trevignano, Tolfa, Velletri, Acquapendente, Arlena di Castro, Bagnoregio, Barbarano, Bassano in Teverina, Bassano romano, Blera, Bolsena, Calcata, Canepina, Canino, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Carbognano, Castel S.Elia, Castiglione in Teverina, Celleno, Cellere, Civita Castellana, Civitella d'Agliano, Corchiano, Fabrica di Roma, Farnese, Gallese, Gradoli, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Latera, Lubriano, Marta, Monte romano, Montefiascone, Monterosi, Nepi, Onano, Orte, Piansano, Proceno, Ronciglione, San Lorenzo Nuovo, Soriano nel Cimino, Sutri, Tarquinia, Tessennano, Tuscania, Valentano, Vallerano, Vasanello, Vetralla, Vignanello, Villa San Giovanni in Tuscia, Viterbo, Vitorchiano.

Anche in Lombardia la deroga riguarda i valori dell’arsenico per i comuni di Dumenza, Maccagno e Sesto Calende (qui la deroga era fino al marzo 2011), e fino al 31 dicembre 2011 per Marcaria, Roncoferraro, Viadana.

Deroga per l’arsenico anche in Toscana, fino al 31 dicembre 2012, per i comuni di Campiglia marittima, Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana marina, Piombino, Porto azzurro, Rio marina, Rio nell'Elba, Suvereto, Pomarance, Castelnuovo in val di Cecina, Radicondoli.

Per la provincia autonoma di Trento la deroga per l’arsenico è stata concessa fino al 31 dicembre 2011 per i comuni di Trento-Laste/Cantanghel, Canal San Bovo-Gobbera, Fierrozzo. Tuttavia, assicurano i responsabili degli acquedotti trentini, nel loro territorio il problema è stato superato già da qualche mese e il divieto per i bambini non è più necessario.

Da sottolineneare che nel decreto, emesso lo scorso 11 maggio e ufficializzato con la pubblicazione sulla Gazzetta del 1 luglio, si concede la possibilità (e non l’obbligo) della deroga, anche perché alcuni enti locali sono già riusciti a risolvere il problema, investendo delle risorse per ottenere una migliore qualità dell’acqua. È il caso, ad esempio, di Sermoneta e (come già scritto) dei comuni trentini, che hanno installato specifici impianti di dearsenificazione o stanno utilizzando acque di altre fonti e con differenti miscelazioni.

Sara Fornaro

I dieci comandamenti della sobrietà/ 2


Ho trovato questi due decaloghi sulla sobrietà. Quali principi vi piacciono e quali praticate?

1. Evita l’usa e getta. È la forma di consumo a maggior spreco e a maggiore produzione di rifiuti.

2. Evita l’inutile. Prima di comprare qualsiasi oggetto chiediti se ne hai davvero bisogno o se stai cedendo ai condizionamenti della pubblicità. Alcuni esempi sono l’acqua in bottiglia, il vestiario alla moda, il cellulare all’ultimo grido.

3. Privilegia l’usato. Se hai deciso che hai bisogno di qualcosa non precipitarti a comprarlo nuovo. Prima fai un giro presso amici e parenti per verificare se puoi avere da loro ciò che fa al caso tuo.

4. Consuma libero da scorie. Quando fai la spesa fai attenzione agli imballaggi. Privilegia le confezioni leggere, i contenitori riutilizzabili, i materiali riciclabili.

5. Autoproduci. Producendo da solo yogurt, marmellate, dolci e tutto ciò che puoi, eviti chilometri e imballaggi.

6. Consuma corto e naturale. Comprando locale e biologico eviti chilometri, sostieni l’occupazione e mantieni un ambiente sano.

7. Consuma collettivo. È il modo migliore per permettere a molti di soddisfare i propri bisogni mantenendo al minimo il consumo di risorse e di energia. Oltre all’autobus e al treno, puoi condividere molti altri beni durevoli: auto, bici, aspirapolvere, trapano, lavatrice.

8. Ripara e ricicla. Allungando la vita degli oggetti risparmi risorse e riduci i rifiuti.

9. Abbassa la bolletta energetica. Andando in bicicletta, isolando la casa, investendo in energia rinnovabile, utilizzando elettrodomestici efficienti e gestendoli con intelligenza, riduci il consumo di energia con beneficio per le fonti energetiche e il portafoglio.

10. Recupera i rifiuti. Praticando in maniera corretta la raccolta differenziata permetti ai rifiuti di tornare a vivere in nuovi oggetti.

Decalogo di Francesco Gesualdi

I dieci comandamenti della sobrietà


1.Non avrai altro pianeta al di fuori della Terra.

2. Non pensare invano che la Terra abbia risorse infinite.

3. Ricordati di contemplare la natura.

4. Onora le energie rinnovabili.

5. Non inquinare.

6. Non sprecare.

7. Non cementificare.

8. Non produrre così tanti rifiuti.

9. Differenzia e ricicla i tuoi rifiuti.

10. Non desiderare la potenza altrui, ma sii più sobrio ed efficiente.

Decalogo presentato in occasione di Torino Spiritualità 2010.

mercoledì 6 luglio 2011

Cos'è la sobrietà

Una riflessione tratta dal primo capitolo del libro Sobrietà di Francesco Gesualdi.
"Il mondo siede su due bombe: la crisi ambientale e quella sociale. Per uscirne, occorre imboccare la strada della sobrietà: uno stile di vita - personale e collettivo - più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali.La sobrietà è più un modo di essere che di avere. E' uno stile di vita che sa distinguere tra i bisogni reali e quelli imposti. E' la capacità di dare alle esigenze del corpo il giusto peso senza dimenticare quelle spirituali, affettive, intellettuali, sociali. E' un modo di organizzare la società affinché sia garantita a tutti la possibilità di soddisfare i bisogni fondamentali con il minor dispendio di risorse e produzione di rifiuti. In ambito personale, la sobrietà si può riassumere in dieci parole d'ordine: pensare, consumare critico, rallentare, ridurre, condividere, recuperare, riparare, riciclare, consumare locale, consumare prodotti di stagione. Naturalmente non dobbiamo limitarci a rivedere i nostri consumi privati, ma anche quelli collettivi perché anche fra questi ce ne sono di dannosi e di superflui. Di sicuro dovremo eliminare gli armamenti, ma dovremo anche sprecare meno energia per l'illuminazione delle città, dovremo accontentarci di treni meno veloci e meno lussuosi, dovremo costruire meno strade. Perfino in ambito sanitario dovremo diventare più sobri affrontando la malattia non solo con la scienza, ma anche con una diversa concezione della vita e della morte, in modo da evitare l'accanimento terapeutico e l'eccessiva medicalizzazione di eventi naturali come la vecchiaia".

Le etichette delle uova

Ogni volta che compro le uova nel frigo elimino tutti gli involucri di cartone o di plastica per avere più spazio a disposizione. Mi ha sempre incuriosito il codice numerico impreso sul guscio. E' un rebus che non sono mai riuscito a risolvere. Ora che l'ho capito, ve lo spiego. Il primo numero indica il tipo di allevamento. 0 sta per biologico, le galline corrono libere per l'aia e usano solo mangimi biologici. Le uova sono più sane, contengono meno colesterolo e sono più ricche di vitamine. Costano, ovviamente, di più. Se trovate il numero 1, vuol dire che le galline sgambettano in un allevamento all'aperto. Il 2 indica un allevamento a terra, ma in un capannone o in un altro ambiente chiuso. Massimo 7 galline per metro quadro. Se già vi sembra troppo, non sapete ancora che il numero 3 indica l'allevamento in batteria. Fino a 25 galline in un metro quadro. In Svizzera questo tipo di allevamento è vietato dal 1992, in Italia lo sarà dal 1° gennaio 2012. Il resto del codice numerico indica il luogo di provenienza. Per esempio: IT vuol dire Italia, i tre numeri successivi il comune, poi la sigla della provincia e il numero dell'allevamento. Dalla figura tutto sarà ancora più chiaro. Resta un mistero la data di scadenza. Alcune confezioni lo riportano solo sugli involucri esterni, altre anche sul guscio. Fate attenzione a non fare come me. Getto via gli involucri e, a volte, perdo la data di scadenza. Inoltre, come tutti gli alimenti, più sono freschi e consumati lontano dalla data di scadenza più conservano inalterate le loro qualità e valori nutrizionali.