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mercoledì 3 aprile 2013

Oggi offro io. Un ricettario contro la crisi






Quante volte abbiamo sentito al bar o al ristorante questa frase: «Oggi offro io!». In tempi di crisi, a dir la verità, sempre meno. È calato drasticamente anche il semplice consumo di caffè al bar, dove a turno si pagava o si poteva arrivare alla cassa e scoprire che la consumazione era già stata saldata da un amico o conoscente. Un atto positivo, ma che non esprime in sé una profondità di relazioni. E oggi, proprio per evitare di pagare un caffè ad altri, al bar si cerca di non entrarci nemmeno. La crisi, però, non è solo economica, ma di relazioni umane sempre più sfilacciate, veloci, liquide. Non occorre molto, non servono soldi, non è una perdita di tempo investire in un saluto ben fatto che denota attenzione gratuita ad una persona fino a poter generare uno scambio di frasi, un condividere il proprio vissuto su: famiglia, lavoro e salute. La noia, l’infelicità, la solitudine della vita deriva dalle povertà relazionali, a partire dai rapporti più ravvicinati. Dedicare tempo alla famiglia, agli amici, a se stessi, agli altri è la cura contro i legami fragili, frettolosi, fugaci. «La felicità di una persona‒ scrive Tibor Scitovsky in Joyless Economy ‒ dipende dalla sua relazione con la felicità dei vicini di casa». La felicità, dunque, si annida nel cuore dei rapporti umani. Lo sa bene la Caritas che con la campagna Oggi offro io vuole trovare attraverso le relazioni umane le giuste soluzioni per aiutare le persone in difficoltà. Solo a Roma ogni anno, in media, si sprecano 42 chili di alimenti a testa per una spesa di 117 euro. Nelle nostre città vive un popolo silenzioso, a volte visibile, più spesso invisibile, di anziani soli, disoccupati, famiglie indebitate, povere e sfiduciate, giovani fragili che cercano un pasto nelle mense e negli empori della Caritas che distribuiscono cibo e occasioni di dialogo. All’indirizzo www.caritasroma.it/2013/03/un-ricettario-contro-gli-sprechi/ si può scaricare un ricettario contenente alcune proposte culinarie curate dal noto chef Paolo Cacciani con tante idee per riutilizzare il pane avanzato. Si va dagli antipasti con i funghi ripieni ai canederli allo speck in brodo, dagli involtini di scarola fino alla torta di pane avanzato. Utilizzare al meglio ciò che si compra è già un modo di investire bene le proprie risorse. Se, poi, si dona quanto risparmiato per i più poveri, vuol dire «impegnarsi ‒ diceva Giovanni Paolo II ‒ per il bene comune, perché tutti siamo responsabili di tutti».


mercoledì 9 novembre 2011

I Beppini

Dagli scarti della frutta e della verdura nascono 64 creme di una leccornia unica

A volte le grandi idee sono semplici e nascono come risposta a un dolore. In questo caso era, addirittura, angoscia. Quella provata nell’ascoltare una trasmissione tv che sentenziava: «Da qui a pochi anni sulla terra non ci sarà più cibo per tutti».

Siamo nel 1992 e Beppe Porqueddu, (la sua storia potete trovarla sul n. 23/2010 di Città Nuova), osserva per la prima volta con occhi diversi i fichi e i fichi d’India, colorati e abbondanti, che nel giardino dei suoi nonni in Sardegna non riscuotono tanto successo né in famiglia né tra gli amici. La prima idea è, invece, di non lasciare quei frutti incolti, di farne della crema da dessert e del liquore di fico d’India che ancora non viene prodotto industrialmente.

Perché la terra non basta a produrre cibo per tutti – è la domanda di Beppe – «se a pochi metri da casa mia il buon Dio fa crescere tutta questa roba, buona e nutriente, che spesso viene derisa come inutile?». Altra intuizione. D’estate, da ragazzo, Beppe aiuta il padre nei lavori dei campi e così ha modo di conoscere i vari tipi di ortaggi. Gettare pomodori, melanzane, bucce di finocchi e perfino le bucce dell’anguria gli sembra uno spreco. Come farne una risorsa? «Ero attento osservatore – racconta Beppe – delle cose che tutti buttano e chi l’ha detto che non sono buone?». Ormai adulto, e trasferito a Roma per lavoro, il profumo delle parti scartate del finocchio gli fa venire in mente l’idea di un condimento per la pasta.

S’inventa una crema vellutata con olio d’oliva, sale e gli scarti del finocchio: una vera délicatesse. In breve si moltiplicano i vari prodotti. Le creme, dolci e salate e i liquori, per ora, raggiungono quota 64. E nascono dalla carruba, dalle bucce di anguria, di arancia, di pesca, mescolate con frutta, ortaggi, anche in versione piccante, con peperoncino. Tutto rigorosamente biologico, sterilizzato in modo naturale, senza conservanti e additivi di nessun genere. L’intera collezione, dal nome di battesimo del suo ideatore, si chiama “I Beppini: gusti, profumi e sapori dell’orto dei nonni di casa mia”, perché tutto nasce dall’antica cultura contadina che, conoscendo ogni varietà dei frutti della natura, non getta nulla.

“Formaggiando sfizioso” sono, invece, 14 diverse ricette di prodotti da abbinare ai formaggi. Ci sono 12 varianti di fichi, anche al rum.

Per il dessert la serie “Un cioccolatino da mangiare con il cucchiaino”. Un elegante vasetto composto da vari strati di crema dolce di frutta e di verdure alternati a cioccolata e pensato per la festa di san Valentino, per essere mangiato “a due”, con un unico cucchiaino per gli innamorati di ogni età.

mercoledì 20 aprile 2011

Panperdù

Ciao Aurelio! Grazie per il tuo blog. In casa mia (provengo dalle valli di Lanzo, in provincia di Torino) quando i tempi erano più duri usava questo secondo, che chiamavano panperdù, e che a me piaceva moltissimo:si sbatteva un uovo intero con un goccio di latte, sale e un po' di pepe (se piace: a me piace) si inzuppavano bene in questa "bagna" le fette di pane raffermo e si friggevano nel burro (nelle valli l'olio d'oliva era un lusso, mentre il burro si faceva in casa). Io poi l'ho riproposto, un po' arricchito, facendo fette più spesse, con un taglio nello spessore, e farcite con prosciutto o formaggio (fontina, mozzarella, altri formaggi che si sciolgono a piacere), o con formaggio e verdure (già cotte), come la fantasia suggerisce.

Grazie per quello che siete e quello che fate:

Mariluf

venerdì 28 gennaio 2011

Riciclare il pane. Mandate le vostre ricette.


È di pochi mesi fa la notizia che solo a Milano si buttano 180 quintali di pane al giorno. Ma basta pensare alle nostre case e verificare quanto pane e pizza sprechiamo anche noi. C’è chi mangia solo pane fresco, chi compra quantità superiori al consumo, chi non sa più riciclare il pane perché ha perso la memoria di antiche ricette. Se conoscete modi semplici, veloci, adatti ai nostri tempi mordi e fuggi, mandateci le vostre ricette.

Il Capodanno l’ho trascorso a casa di Ornella di Sparanise, in provincia di Caserta, che con timidezza, perché è un piatto povero, ci ha offerto, insieme ad innumerevoli ottime pietanze, del pane secco con le cime di rame. È andato a ruba. Buonissimo. Una ricetta semplice e deliziosa.

La ricetta di Ornella

Ornella, ex maestra ora in pensione, oggi ha 78 anni e così condivide la sua ricetta con noi. Si chiama panorra di rape. Si possono usare o le cime di rape o le rape intere.

Ingredienti per 4 persone:

300 gr di pane raffermo,

cime di rape ricavate da 1 Kg di rape,

olio d’oliva e sale quanto basta,

1 spicchio d’aglio

peperoncino piccante.

Procedimento:

Mondare e lavare le cime di rapa. Portare a bollore una pentola capiente con acqua salata. Lessate le cime di rape fino a cottura. Far soffriggere l’olio di oliva in padella con uno spicchio d’aglio, aggiungere sale, peperoncino piccante secondo i propri gusti, le cime di rape, il pane raffermo in tocchi non troppo piccoli e un po’ d’acqua di cottura delle cime di rape. Mescolate per circa 5 minuti, il tempo affinché il pane diventi morbido e impregnato del sapore delle cime di rape. Mescolate e servite nei piatti.