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mercoledì 23 luglio 2014

L’orto in tasca


Esiste una App per sapere quali sono le aziende agricole più vicine, conoscere il prezzo dei prodotti e recensire le aziende.
Tutto è partito a fine 2012 da una grande arrabbiatura: quando Eva De Marco, 36enne ingegnere udinese, è andata inutilmente alla ricerca di un mercatino di prodotti agricoli a km 0 che avrebbe dovuto trovarsi in una certa piazza invece deserta, si è trovata a chiedersi se non esistesse una app per smartphone che consentisse, una volta localizzata la propria posizione tramite gps, di sapere dove fossero le aziende agricole e i mercati più vicini.
Così, «dato che nessuno l’aveva ancora messa a punto, ho deciso di farlo io»: ed avviata una campagna di crowdfunding, raccolta fondi su Internet, che le ha consentito di procurarsi i 7 mila euro necessari, a marzo 2013 ha fondato “l’Orto in tasca”, e a maggio è arrivata la app scaricabile gratuitamente.
Il principio è semplice: le aziende agricole interessate vengono recensite dal sistema, al quale la app si appoggia per fornire la localizzazione di quelle più vicine. Prima di acquistare è possibile confrontare i prezzi, leggere le opinioni degli altri utenti sull’azienda a cui ci si sta per rivolgere, recensirla a propria volta, e creare gruppi di acquisto solidale tramite Facebook.
Sinora la app è stata scaricata da circa 8 mila utenti, e sono 800 le aziende in tutta Italia che hanno aderito. «Il settore però deve ancora comprendere – spiega la De Marco – molte aziende  che sono a conduzione familiare e fanno ancora capo alla vecchia generazione, che nemmeno sa cos’è uno smartphone». Per questo ha avviato contatti con le associazioni di categoria per sensibilizzare i produttori. Del resto, anche questo è un investimento per le aziende: «A fronte di un abbonamento di circa 20 euro al mese, meno di qualsiasi campagna pubblicitaria, i produttori vengono inseriti in una rete che può dar loro sempre maggior visibilità: ma purtroppo l’agricoltura fatica a diventare 2.0».
Intanto però i riconoscimenti arrivano: «A novembre abbiamo partecipato al tavolo giovani e lavoro a Milano – racconta – e poi a quello sull’agroalimentare a gennaio, dove abbiamo presentato il nostro progetto ad aziende e istituzioni in vista dell’Expo 2015. A luglio saremo al ReStart Up della Fondazione Garrone, sull’Appenino ligure, a cui sono state invitate a portare la loro esperienza 15 aziende che hanno avviato buone pratiche nel settore del turismo e dell’agroalimentare».
Diverse idee poi bollono in pentola: dal mettere in rete anche le cooperative sociali, che si occupano dell’inserimento lavorativo in questo settore di persone disagiate, a vari progetti per rendere più interattiva la app stessa. Una app che per i consumatori, e per le famiglie in particolare che magari acquistano quantitativi notevoli di prodotto, può portare vantaggi significativi: «Rivolgendosi direttamente al produttore, si taglia la filiera ottenendo prezzi più bassi – osserva la De Marco –. O ancor più creando dei Gas: diversi amministratori di condominio mi hanno riferito che gli inquilini hanno usato la app per questo».
Tutte le informazioni sono disponibili su www.ortointasca.it

Chiara Andreola


venerdì 6 giugno 2014

Taccuino sobrio: a Parigi in bici



PARIGI: PAGATI PER ANDARE IN BICI
A Londra il car‒sharing è fallito. A Parigi provano con le biciclette. Se si lascia a casa l’automobile, il ministero dei trasporti francesi pagherà 25 centesimi al chilometro sul percorso casa-lavoro. Sono stati stanziati 110 milioni di euro e il saldo costi-benefici sarà sicuramente in attivo per la salute e per l’ambiente. Non è la sola misura presa ma un vero e piano globale in 25 punti che prevede la possibilità di svolta a destra per i ciclisti in caso di semaforo rosso come già in vigore in Olanda e Belgio. In Usa è possibile anche, in alcune città, per le automobili. Altri punti: la realizzazione di parcheggi sicuri per le bici, data la facilità con cui spariscono, la possibilità di procedere non solo a destra della carreggiata, le aziende che aderiranno al programma di rimborso al chilometro per i ciclisti potranno contare su un alleggerimento delle tasse da versare, ecc…

DOPO LA LAZIO, LA ROMA
Sfida stracittadina nel car sharing. Dopo le macchine in affitto biancocelesti, arrivano quelle giallorosse. Negli ultimi mesi si sono notate tante macchine Smart “laziali” del colosso tedesco Car2go con le scritte in romano “ma ‘ndovai”, cioè “dove vai”. Ora, per iniziativa di Eni, Trenitalia e Fiat parte il progetto Enjoy con seicento Fiat 500 gialle e rosse che sfideranno le concorrenti. Essendo a quattro posti, contro i due delle Smart, il segmento interessato è quello delle famiglie che potranno prendere e lasciare la macchina dove vogliono all’interno dell’area di servizio di Roma che è di circa 100 chilometri quadrati. Visto il successo del car sharing, si semplificano sempre di più le regole per poter affittare una macchina: le vetture possono essere prenotate tramite una App gratuita per smartphone. Non c’è bisogno di tessere ma basta registrarsi on line. Il costo del servizio è di 25 centesimi al chilometro per i primi 50 km. In modalità “sosta”, cioè quando si lascia la macchina in un parcheggio per poi riprenderla, il costo scende a 10 centesimi al minuto. 

PRIMO: NON SPRECARE
Ogni anno nella spazzatura, solo in Italia, finiscono 12,3 miliardi di euro. Sono un danno etico, economico, ambientale. È una mentalità diffusa che, per fortuna, in tempi di crisi, sta scemando. Ma il vero problema è la mentalità culturale sottesa, un senso di pigrizia che non accende la fantasia del sano riuso, l’obesità consumistica in cui siamo cresciuti. Secondo un sondaggio di Waste Watcher solo 4 italiani su dieci ne sono consapevoli. Il ministero dell’Ambiente ha sviluppato un piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare chiamato “Pinpas”. Prevede l’educazione alimentare nelle scuole come materia obbligatoria, regole più semplici per le donazioni di cibo invenduto, sconti delle tasse sui rifiuti per chi dona. In Italia circa 1 miliardo di cibo in alimenti viene recuperato grazie a iniziative come il Banco alimentare e Last minute market. In casa vale sempre la regola della nonna e un po’ di buon senso: cucinare quanto effettivamente serve, controllare le scadenze dei cibi, la frutta e le verdure prima che vadano a male, riusare il cibo con ricette fantasiose, e controllare il sito del Wwf. www.insiemecontroglisprechi.it

DICE IL CENSIS
Nel 47esimo Rapporto sulla situazione sociale del paese il Censis ci dice che si sta affinando il senso critico dei consumi e la sobrietà diventa una necessità per le famiglie che hanno subito una forte riduzione del debito. Il 48 per cento degli italiani ha mutato le proprie abitudini alimentari cercando di risparmiare. Il 63 per cento prepara un elenco della spesa dettagliato. Il 63,4 per cento scegli gli alimenti tenendo conto del prezzo più basso. Il 76 per cento cerca le promozioni rispetto al 43 per cento della media europea. Si mangia meno carne, quasi il 30 per cento, meno pesce, il 23 per cento, meno verdura nella misura del 10 per cento. Tenui segnali di ripresa si hanno nella creazione del risparmio che è cresciuto del 9,4 per cento e nei depositi bancari, più 4,6 per cento.

mercoledì 30 aprile 2014

Buon appetito!

Supermercati semideserti, code sopportabili alle casse, crescita del volume di affari dei discount, menu poveri, diminuzioni degli sprechi, ricette con gli avanzi. Sono alcune delle conseguenze del perdurare della crisi economica nella quotidianità della mensa. La nostra educazione ad una vita più sobria e più sana passa anche per un’equilibrata dieta e per il sapiente uso degli alimenti sin da bambini.
Non si può vivere senza mangiare, ma può succedere che mangiando s’impari a vivere. È la scommessa della Compagnia Teatrodaccappo di Fenaroli & Nicoli che sulle “tavole” di legno del palcoscenico con lo spettacolo Buon appetito! cerca di trasmettere il gusto di una cucina sana e raccontare un’istruttiva storia alimentare.
«Gli ingredienti – spiega Max Fenaroli – sono: la comicità, l’appetito, il gusto dei cibi, i sapori delle storie, i colori delle ricette, la partecipazione dei piccoli e grandi spettatori ed un pizzico di fantasia q.b.». La piece di teatro comico nasce dall’esigenza diffusa, espressa da insegnanti ed educatori, di informare e fornire consigli utili senza lasciare tracce di pedanteria. È proprio la specialità di Fenaroli & Nicoli che dal 1996 “cucinano” spettacoli e sollazzano bambini e famiglie di ogni età con le loro rappresentazioni teatrali in tutta Italia.
In Buon appetito!, nella parte centrale della storia, un orco tanto tonto e sporco deve imparare a mangiare sano. La metafora è evidente: se riesce l’Orcotonto, così si chiama il personaggio protagonista, tutti, proprio tutti, ce la possono fare. L’orco, nella favola, è redento dal cuoco del re che, con l’aiuto dell’intero villaggio, gli insegna a gustare cibi sani, sapienti e nutrienti. Così tra una risata, una canzone e una piroetta trascorre più di un’ora in cui si è capita l’importanza di un’alimentazione differenziata, i colori e i sapori dei cibi, la ricchezza e la bellezza delle ricette nostrane e di altri popoli, la piramide alimentare, la lotta agli sprechi, la riscoperta del pranzo come momento di convivialità e incontro. «Nello spettacolo – conclude Max Fenaroli – s’invitano gli spettatori a interrogarsi sulla loro condotta alimentare, su come vivere una vita più sobria, ma sempre con levità e simpatia».

Per info www.teatrodaccapo.it

mercoledì 3 aprile 2013

Oggi offro io. Un ricettario contro la crisi






Quante volte abbiamo sentito al bar o al ristorante questa frase: «Oggi offro io!». In tempi di crisi, a dir la verità, sempre meno. È calato drasticamente anche il semplice consumo di caffè al bar, dove a turno si pagava o si poteva arrivare alla cassa e scoprire che la consumazione era già stata saldata da un amico o conoscente. Un atto positivo, ma che non esprime in sé una profondità di relazioni. E oggi, proprio per evitare di pagare un caffè ad altri, al bar si cerca di non entrarci nemmeno. La crisi, però, non è solo economica, ma di relazioni umane sempre più sfilacciate, veloci, liquide. Non occorre molto, non servono soldi, non è una perdita di tempo investire in un saluto ben fatto che denota attenzione gratuita ad una persona fino a poter generare uno scambio di frasi, un condividere il proprio vissuto su: famiglia, lavoro e salute. La noia, l’infelicità, la solitudine della vita deriva dalle povertà relazionali, a partire dai rapporti più ravvicinati. Dedicare tempo alla famiglia, agli amici, a se stessi, agli altri è la cura contro i legami fragili, frettolosi, fugaci. «La felicità di una persona‒ scrive Tibor Scitovsky in Joyless Economy ‒ dipende dalla sua relazione con la felicità dei vicini di casa». La felicità, dunque, si annida nel cuore dei rapporti umani. Lo sa bene la Caritas che con la campagna Oggi offro io vuole trovare attraverso le relazioni umane le giuste soluzioni per aiutare le persone in difficoltà. Solo a Roma ogni anno, in media, si sprecano 42 chili di alimenti a testa per una spesa di 117 euro. Nelle nostre città vive un popolo silenzioso, a volte visibile, più spesso invisibile, di anziani soli, disoccupati, famiglie indebitate, povere e sfiduciate, giovani fragili che cercano un pasto nelle mense e negli empori della Caritas che distribuiscono cibo e occasioni di dialogo. All’indirizzo www.caritasroma.it/2013/03/un-ricettario-contro-gli-sprechi/ si può scaricare un ricettario contenente alcune proposte culinarie curate dal noto chef Paolo Cacciani con tante idee per riutilizzare il pane avanzato. Si va dagli antipasti con i funghi ripieni ai canederli allo speck in brodo, dagli involtini di scarola fino alla torta di pane avanzato. Utilizzare al meglio ciò che si compra è già un modo di investire bene le proprie risorse. Se, poi, si dona quanto risparmiato per i più poveri, vuol dire «impegnarsi ‒ diceva Giovanni Paolo II ‒ per il bene comune, perché tutti siamo responsabili di tutti».


venerdì 1 luglio 2011

Il mistero svelato delle etichette

Come uscire sani da un supermercato in poche mosse, qualche lettura e sette regole d’oro

Le etichette dei prodotti alimentari rappresentano i codici di lettura per decifrare cosa mangiamo e beviamo. Ma se si è analfabeti, a cosa servono? Un rapido corso per imparare a leggere lo fornisce Quello che le etichette non dicono di Pierpaolo Corradini per i tipi della Emi. Il libro, divulgativo, scorrevole e informale, per rendere i contenuti più digeribili, è una sorta di visita virtuale ad un supermercato tipo in cui si passano in rassegna i reparti principali con tanto di istruzioni per l’uso. Un manuale, insomma, per persone responsabili e consapevoli della salute e della vita sobria. Si passa dalla frutta e verdura alla panetteria e gastronomia, dagli additivi alimentari ai grassi, dai farmaci ai prodotti per la casa.

Tra i tanti enigmi finalmente risolto il mistero dell’etichetta delle uova. Ora so che il primo numero indica il tipo di allevamento: 1 è all’aperto, 2 a terra e 3 in batteria.

Le etichette ci dicono che gli ingredienti sono elencati in ordine di quantità. Se in una scatola di merendine il primo ingrediente è lo zucchero e il secondo è la farina, c’è più zucchero che farina. E, in genere devono essere indicati: il nome, l’elenco degli ingredienti, cioè di qualsiasi sostanza contenuta nell’alimento, il peso, la data di scadenza, ecc…

Ma quello che le etichette non dicono è molto di più. Solo alcuni esempi. Non è mai indicato il tipo di budello utilizzato per i salamini. Può essere naturale, artificiale o sintetico. Sapendo che nei budelli artificiali o sintetici ci possono essere delle sostanze nocive, non sarebbe meglio evitarli se solo fosse indicato nelle etichette? E, per restare al reparto panetteria e gastronomia è meglio scegliere, per via dei sani ingredienti, un pane a lievitazione naturale, cotto a legna e prosciutto crudo. Sugli agrumi troviamo il difenile, l’E230, un conservante presente nelle bucce che non se ne va con nessun tipo di lavaggio. Non usate le bucce nel tè o nelle bevande. E nelle torte o nel limoncello utilizzate solo agrumi biologici. Nel tonno in scatola non deve mai comparire il glutammato l’E621 probabile sinonimo di cattiva qualità del pesce. Da evitare i formaggini e le sottilette fatti con formaggi spesso scarti di lavorazione. E, tutto ciò, non basta perché non sempre le etichette dicono il vero, esistono anche le frodi alimentari. Le più comuni sono le dichiarazioni false in merito alla provenienza, qualità, composizione, caratteristiche di un alimento, l’esaltazione ingannevole di un prodotto e la mancata corrispondenza degli ingredienti dichiarati.

Se, alla fine della lettura del volume, vi sarà passato l’appetito, è un buon inizio. Ma, per ogni alimento, tranquillizzatevi, vale la solita regola: non esagerare. E le etichette più sono semplici, con gli ingredienti essenziali, più il cibo è sano. Le sette regole d’oro di vita sana che l’autore presenta nel libro sono, in sintesi: variare la propria alimentazione, non eccedere con un alimento che si sa dannoso, mangiare verdura, frutta e cereali, ridurre il consumo di sale, bere molta acqua, fare movimento e controllare il proprio peso e scegliere prodotti biologici.