venerdì 24 maggio 2013

Gomme riconvertite

Asflati più duraturi e meno rumorosi, delimitatori di corsia, dissuasori di sosta, ma anche campi da calcio, piste di atletica, lampade per la scrivania… sono alcuni esempi di migliaia di prodotti che si possono realizzare con la gomma dei pfu, ovvero gli pneumatici giunti a fine vita. Quando queste gomme non hanno più le caratteristiche idonee alla circolazione su strada, vengono tritate e trasformate in minuscoli granuli (inferiori al millimetro), pronti così per essere trasformati in altri prodotti.
Ecopneus, società senza scopo di lucro e principale responsabile della gestione di raccolta e recupero dei pfu in Italia, promuove la diffusione dei prodotti contenenti gomma riciclata dagli pneumatici. Conta tra i soci, 59 aziende produttrici e importatrici di pneumatici in Italia e dal 2011 è impegnata nella riconversione dei pfu, curandone la raccolta e il recupero. Sul proprio sito web (www.ecopneus.it) è disponibile un catalogo liberamente consultabile, con marca e prezzo. Sono prodotti che trovano moltissime utili applicazioni in settori anche molto diversi tra loro come quello delle infrastrutture viarie, dell’arredo urbano e dello sport. Troviamo ad esempio pannelli per l’isolamento acustico e termico, le pavimentazioni antiscivolo per il bordo piscina, i tappeti antitrauma per le aree gioco dei bambini, ma anche accessori per l’ufficio come le penne, il portapenne da scrivania, le cartelle porta documenti o la lampada da tavolo.
Di recente il ministero dell’Ambiente ha firmato un protocollo d’intesa con Ecopneus, prefettura e comune di Napoli, con l’obiettivo di ripulire l’intera area del comune dove giacciono pneumatici abbandonati. Un’area colpita da roghi tossici di rifiuti, alimentati proprio dai pfu. Un’attività illegale in forte aumento che distrugge uno dei territori più belli d’Italia.
Ecopneus è stata scelta come partner del ministero dell’Ambiente grazie non solo all’efficienza dimostrata nel primo periodo di attività ma anche all’impegno costante nella tutela del territorio italiano, avendo già recuperato circa 20 mila tonnellate di pfu abbandonate illegalmente in alcune aree industriali di Ferrara, Buccino (Sa), Oristano e Olbia nel corso del 2012, e a Poviglio (Re) e Aulla (Ms) nei primi mesi del 2013.





                                                                              Lorenzo Russo




giovedì 16 maggio 2013

Come misurare il benessere



In un ascensore di New York due vecchi amici, ancora giovani per la verità, s’incontrano e incuranti degli estranei si chiedono due domande fondamentali. «Che ruolo hai nella tua azienda e quanto guadagni?», che in inglese suona: «How much you make?». Stile diretto, veloce, del resto siamo in ascensore, dove l’unità di misura della qualità della vita è il denaro, in questo caso il dollaro. Come per le persone accade con gli Stati, non solo Uniti. L’unico indicatore dello stato di salute di un Paese è il Pil e la felicità fa ancora rima con liquidità. Senza nulla togliere all’importanza del contante e ai parametri economici, oggi è ampiamente avvertita la necessità di valutare il benessere con l’aggiunta di nuovi indicatori perché non tutto è monetizzabile. Per questo motivo il Cnel e l’Istat hanno elaborato il Bes, il benessere equo sostenibile, per monitorare le condizioni economiche, sociali, ambientali in cui viviamo con uno spettro di dimensioni molto più ampie che aspirano a diventare una sorta di “Costituzione statistica” per tracciare la direzione del progresso nella società italiana bilanciato dall’eguaglianza e dalla sostenibilità. Le dodici dimensioni del benessere si articolano analizzando la salute e gli stili di vita della popolazione, l’istruzione e la formazione permanente, il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita, il benessere economico, le relazioni sociali, la politica e le istituzioni, la sicurezza, il livello di soddisfazione per la propria vita, il paesaggio e il patrimonio culturale, l’ambiente, la ricerca e l’innovazione, la qualità dei servizi. È dalla combinazione di questi elementi, dall’armonia e l’equilibrio di come sono vissuti a livello personale e collettivo che nasce un nuovo paradigma per misurare le criticità dell’esistente e per segnare un percorso per il futuro. E sono molti gli studi, le proposte e gli indicatori alternativi al Pil che sono stati elaborati in molti Paesi, basti pensare all’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite, al Fil (Felicità interna lorda) che si calcola nel piccolo regno asiatico del Bhutan. L’importante è non valutare più la nostra vita e quelli degli Stati solo con il Pil ma con un modello organizzativo che valuti tutti gli aspetti della vita come già descritto nel libro Con stile di Città Nuova. Il benessere passa dalla semplicità e dalla complessità della vita umana.