Aurelio Molè si definisce un malcapitato che si è trovato, come tanti, a fronteggiare circostanze che lo hanno messo nella condizione di dover modificare scelte e comportamenti di vita. Il frutto della sua esperienza è presentato nel libro “Con stile”, un titolo sintetico, ma che raccoglie tanti e profondi significati, così com’è il testo: piccolo e agile, ma carico di esperienze concrete su chi sta provando a vivere con stile anche nell’attuale congiuntura economica. In base alla sua esperienza Aurelio Molè invita a vivere con stile, cioè nella sobrietà, usando solo ciò che è veramente essenziale. Nel libro sono presentate esperienze di famiglie che si sono unite per affrontare la crisi; tra queste incontriamo la “Rete fagotto” che fa da tramite virtuale di scambi attraverso il dono di oggetti che non si usano più. Certo, questa iniziativa non è la panacea dei problemi, ma resta sorprendente per lo stile di vita che propone. Delle esperienze raccontate, è riportato il sito a cui fare riferimento. Un concetto alla base del libro è la consapevolezza di sé. Se non si sa come, dove e quando si spendono i nostri soldi, è impossibile fare una revisione consapevole delle nostre scelte di fondo. La nostra quotidianità può essere vissuta con lo stile dell’essenzialità che non è un meno, ma un valore aggiunto perché la sobrietà è, sì un lavoro di sottrazione, ma anche di continue scelte su ciò che è essenziale per una vita veramente umana. E con la crisi in corso possiamo tornare a comportamenti virtuosi e far di necessità virtù. Ma da dove ricominciare?
Lo chiediamo all’autore, Aurelio Molè.
«Ognuno fa quello che può e come può. L’importante è che si cominci da un dialogo in famiglia che evidenzi quali comportamenti di buone pratiche di sobrietà si possono adottare. La cucina è uno dei luoghi deputati. Quanti cibi compriamo che sono veramente utili? Siamo attenti alla scadenze e li utilizziamo in tempo? Verifichiamo se possiamo fare noi delle merendine fatte in casa, invece di comprarle. Sono più sane, più buone e costano meno. Anche le strade del riuso sono infinite. È meglio riparare una scarpa, rattoppare un vestito, riciclare il cibo nel frigo con fantasia, riutilizzare l’acqua di condensa dei condizionatori, regalare vestiti che non si usano più, liberarsi da oggetti inutili per uscire dal paradigma consumistico ed entrare nel paradosso della comunione con le cose, gli oggetti e le persone».
Lei presenta molte esperienze di chi ha affrontato e tentato di superare la crisi, ma hanno tutte un denominatore comune: l’unione delle forze e delle idee, il fatto cioè che le difficoltà si superano collaborando tra famiglie…
«La famiglia non è una monade isolata. L’unione fa la forza e spesso quello che manca a tante famiglie che entrano in crisi, non solo economica, è una rete di protezione che le sorregga nei momenti difficili. Esistono tante associazioni laiche e non, con cui confrontarsi per ogni aspetto della vita. Se visitate il sito del Forum della Famiglie ci sono più di 50 associazioni a cui potete rivolgervi».
Con il kit del bilancista ideato dal veneziano don Gianni Fazzini, le famiglie hanno registrato sensibili abbattimenti di spese, ma la cosa che colpisce ancora di più è l’incremento del 72% alla voce “divertimenti e cultura”. Che nesso c’è tra risparmio e cultura? Quando si risparmia è necessario risparmiare anche sulla cultura?
«Il problema è che si spendono tanti soldi per cose inutili. Quello che ci sembra essenziale, a volte, non è assolutamente necessario. Se avete la fortuna di andare in un Paese povero, neanche poverissimo, ve ne renderete conto di persona. Nel Messico il 90 per cento dei bambini è malnutrito. In Argentina una camicia in un negozio nel centro di Buenos Aires si può comprare solo a rate, con a garanzia una carta di credito. Se risparmiamo sui pranzi fuori casa, su un vestito in più, su un giocattolo in più, possiamo investire su ciò che alimenta la nostra anima, la personalità e la cultura. L’esperienza del kit del bilancista lo dimostra perché aumentano i soldi che si possono investire per comprare libri, andare al cinema, al teatro, visitare un museo, fare una gita, frequentare corsi di lingue straniere».
Per vivere “con stile” cosa non bisogna trascurare?
«Ciò che essenziale è invisibile agli occhi» – diceva il Piccolo Principe nel libro di Saint Exupéry. Nella nostra vita frenetica non si ha più il tempo e lo spazio per nutrire l’anima. Riscoprire una vita interiore con le preghiere in famiglia, la meditazione, crea uno stato d’animo che ci permette di guardare la realtà con più equilibrio, con più amore e di valutare meglio ciò che è essenziale per la nostra felicità da ciò che non lo è. E si possono creare spazi d’interiorità anche per chi non avesse una fede, con letture adeguate, dialogo con sé stessi, riflessioni personali per dilatare l’anima, imparare a pensare, avere senso critico, avere a cuore tutta l’umanità».
1 commento:
chi è barzi francesca?
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