Non c’è da scandalizzarsi se talvolta ci scopriamo a porci
la domanda più semplice che ci sia in questi tempi di crisi: ma chi me lo fa
fare? Una domanda declinata in diverse forme: ma chi me lo fa fare di pagare
tutte le tasse dovute, proprio tutte? di cedere il posto sull’autobus? di non
fare copia/incolla per la mia tesina universitaria? di gettare la carta della
pizza appena consumata nel cestino e non per terra? di rispettare la fila alla
fermata dell’autobus? di andare a votare alle prossime elezioni? di perdere
tempo nel fare la raccolta differenziata dell’immondizia? di rispettare il
semaforo rosso anche se la circolazione è inesistente? di richiedere lo
scontrino fiscale al parrucchiere? di non scaricare l’ultimo film di 007,
gratis, da un sito pirata? di non parcheggiare in doppia fila o sulla pista
ciclabile, tanto resto solo due minuti? di non far fotocopie in ufficio, anche
se mi servono per faccende mie personali? di… di… di…
Ma chi me lo fa fare? La crisi tocca tutti, tranne pochi
privilegiati, tutti dobbiamo risparmiare. Aurelio Molè nella rubrica “Vita
sobria” e nel libretto Con stile ci
suggerisce metodi e trucchi per arrivare a chiudere il mese dignitosamente e
lecitamente, addirittura in modo costruttivo per la nostra persona e per la
società. Ok, ma alzi la mano chi non ha mai avuto la tentazione di porsi una
delle domande che ho appena elencato! Porsi la domanda, tuttavia, non vuol dire
cedere alla tentazione. L’importante sta nel rispondersi correttamente. Ciò dipende
in primo luogo dalle proprie convinzioni – più sono intime e radicate, più risultano
efficaci –, così come dalle leggi e dalle sanzioni che regolano il vivere in società.
Il grado di “civiltà” di un popolo può essere misurato anche dalla capacità
della gente di rispondere tenendo conto del bene comune (e dei beni comuni).
D’accordo. Ma se nessuno attorno a noi rispetta il bene
comune, perché io debbo farlo? «E che sono fesso?», direbbe Totò. Nella
convivenza civile la reciprocità è in effetti importante: se vedo che tutti i
miei coinquilini fanno la differenziata, anch’io mi sento spinto a farla. Se,
al contrario, nessuno la fa, la mia motivazione viene sminuita. I nostri economisti-editorialisti
– Bruni, Gui, Pelligra – da tempo nelle loro ricerche hanno approfondito tale tema
della reciprocità e della cosiddetta “reciprocità incondizionale”, cioè quella
di chi compie un gesto per il bene comune anche se nessun’altro lo fa: continuo
cioè a fare la differenziata anche se i coinquilini non la fanno.
Masochismo? No. Identità forte: la mia decisione per il bene
comune non ha bisogno della “reciprocità”, mi spinge all’azione positiva anche
se sono solo. Ormai coloro che si comportano così vengono chiamati “piccoli
eroi”, anche se forse sono solo “onesti”. Sono persone che il più delle volte
finiscono con l’essere contagiose: le nostre pagine sono piene di questi
esempi. Tuttavia la piena soddisfazione, la “felicità sociale” arriva solo se
c’è reciprocità di comportamenti: la piena realizzazione della nostra identità
comune avviene solo in questo caso. Forse l’attuale crisi può spingerci a cercare
di raggiungere questo obiettivo comune, magari cominciando da soli, da piccoli eroi.
E, forse, potremo così uscire dalla crisi (e far anche il nostro interesse
personale, alla fine). Altrimenti sprofonderemo in una guerra civile di
interessi particolari.
Michele Zanzucchi
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